Sfruttamento della manodopera e riciclaggio: altri sei arresti per la ricostruzione dell'Aquila

30 Luglio 2015

Arrestati cinque abruzzesi, caccia a un romeno ancora latitante. Secondo l'accusa reclutavano e sfruttavano i flussi di manodopera dell'Est Europa e avevano cosituito un'associazione criminale per commettere una serie indeterminata di reati fiscali e di autoriciclaggio

L’AQUILA. I carabinieri del comando provinciale dell’Aquila, insieme ai reparti territoriali competenti, hanno eseguito una serie di ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di una associazione per delinquere, composta da soggetti residenti in Abruzzo e Romania, operante nel settore della ricostruzione post-sisma. L’indagine transnazionale, denominata "Social dumping" ("Pulizia sociale") e coordinata dalla procura distrettuale presso il tribunale dell’Aquila, ha messo in luce un’organizzazione dedita al reclutamento e allo sfruttamento di flussi di manodopera provenienti dall’est Europa. Per la prima volta all’Aquila, nello scenario della sua difficile e sofferta ripresa, è stato contestato agli arrestati anche il reato di autoriciclaggio, recentemente introdotto.

Le persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’attività denominata sono: Antonio D’Errico detto "Tonino" 59 anni, residente a Tortoreto; Nicolae Otescu detto "Nico" di 46 anni, cittadino romeno residente a Lugoj; Francesco Salvatore di 56 anni di Pettorano sul Gizio, residente a Sulmona; Panfilo Di Meo di 52 anni di Sulmona; Giancarlo Di Bartolomeo di 49 anni di Teramo; Massimo Di Donato di 63 anni, anche lui di Teramo.

Nicolae Otescu, residente a Lugoj (Romania), risulta al momento ancora latitante ed è per questo ricercato dalle forze dell’ordine. L’operazione "Social dumping" è la seconda compiuta dalla Dda aquilana in quattro giorni, dopo quella denominata "Redde rationem" dello scorso lunedì culminata con cinque ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e un obbligo di dimora e firma. In quest’ultima inchiesta, relativa a presunte tangenti nei puntellamenti di tre cantieri aquilani, sono coinvolti un ex politico, due funzionari comunali e alcuni imprenditori. Nell’operazione "Redde rationem" sono indagate altre 13 persone destinatarie di altrettanti avvisi di garanzia. Tra i reati contestati, corruzione, estorsione, truffa, abuso d’ufficio e reati fiscali.

[[(standard.Article) Appalti sisma all'Aquila, il clan del 10 per cento e le tangenti di Natale

Le persone arrestate nella nuova operazione sono accusate a vario titolo di essersi associate per commettere una serie indeterminata di reati fiscali, di autoriciclaggio, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. In particolare, secondo gli inquirenti, Otescu e D’Errico, riuscivano a procurare agli amministratori delle ditte impegnate nella ricostruzione post terremoto dell’Aquila, manodopera romena a basso costo «giustificando formalmente - si legge nell’ordinanza - la presenza, con il ricorso del contratto di distaccamento in violazione di legge. Tutto ciò - si legge sempre nell’ordinanza di custodia cautelare a firma del Gip del Tribunale dell’Aquila - per procurare ai titolari delle ditte edili documenti fiscali utilizzati sia ai fini dell’evasione delle imposte e per la costituzione di fondi "neri" da reimpiegare in attività economiche e speculative».

Secondo le indagini portate avanti dal colonnello Giuseppe Donnarumma, comandante provinciale dei carabinieri dell’Aquila, Otescu si occupava del reclutamento basso costo in Romania da inviare in Italia; di fungere da principale referente del sodalizio criminale per il pagamento della retribuzione (50 euro a giornata) e per le questioni relative alla sistemazione alloggiativa degli stessi, della creazione di ditte ad hoc costituite con il solo scopo di celare la complessa attività di intermediazione illecita di manodopera, di emettere fatture "a saldo" per operazioni inesistenti allo scopo di consentire alle ditte di evadere le imposte e giustificare l’uscita di somme nella contabilità delle ditte italiane poi restituite loro ’in nerò; di fungere da corriere nei viaggi in Romania per la restituzione degli importi indicati nelle fatture per operazioni inesistenti. D’Errico, sempre secondo l’accusa avrebbe coadiuvato Otescu nella gestione della parte contabile, intrattenendo rapporti con le ditte per il conteggio delle giornate lavorative, per l’emissione delle fatture ed effettuando viaggi in Romania per la restituzione "in nero delle somme. Di Donato, Di Bartolomeo, Di Meo e Salvatore, quale appaltatori di ingente importo per la ricostruzione post sisma, si occupavano di garantire una domanda di manodopera costante nel tempo, per ottenere vantaggi sotto forma di emissione di fatture per operazioni inesistenti, per giustificare l’uscita contabile di somme, poi rientrate ’in nerò da reinvestire in attività economiche e speculative.

«Si tratta di una delle prime indagini in Italia in materia di sfruttamento dei lavoratori e di autoriciclaggio, norme introdotte di recente nel nostro sistema penale, che ha richiesto un impegno notevole e per questo ringrazio i carabinieri». Così il procuratore distrettuale antimafia dell'Aquila, Fausto Cardella, nel corso dell'incontro con la stampa per illustrare i dettagli dell'operazione "Social dumping" che ha portato all'emissione di sei misure cautelari in carcere. «L'indagine è nata da una denuncia della Cgil ma non è casuale, si inserisce in un progetto di tutela della legalità nei fatti attinenti alla ricostruzione post-sisma - ha aggiunto il procuratore. La Procura ha svolto numerose indagini in materia, da "Dirty job" a "Betrayal", da quella sui Map ai balconi degli alloggi antisismici del progetto C.a.s.e.». Secondo Cardella, «in questo settore stiamo profondendo uno sforzo che è anche maggiore considerando l'esiguità dei magistrati, del personale amministrativo, su cui grava l'incombenza degli accertamenti in questi casi. Lavorano sempre più faticosamente perché sono sempre meno».

«I lavoratori venivano retribuiti 50 euro al giorno senza malattia, festivi, straordinari, ferie. Cercavano di lavorare anche in condizioni di salute non ottimali e non venivano messi in condizione di curarsi, mancando di documentazione per usufruire del servizio sanitario nazionale». Così il pm Simonetta Ciccarelli, insieme ad Antonietta Picardi, titolari dell'inchiesta della procura distrettuale antimafia dell'Aquila denominata 'Social dumping' che ha portato a sgominare una organizzazione fatta di imprenditori e intermediari che reclutavano e sfruttavano operai romeni nei cantieri della ricostruzione post terremoto. In carcere sono finiti in cinque, un sesto è ricercato. «La presenza di imprese che operano in una tale situazione di illegalità nei cantieri della ricostruzione opera una distorsione forte del mercato - ha concluso. Gli indagati dicono in una registrazione "se continua così andremo avanti fino al 2016" e per questo andavano fermati». La Picardi ha spiegato: «Abbiamo messo in campo una serie di competenze e capacità professionali intersecate tra di loro, come quella dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro e solo grazie a loro si è riusciti a capire qual era il meccanismo del "distacco comunitario" che veniva utilizzato». Il comandante provinciale dei Carabinieri, il colonnello Donnarumma, ha evidenziato che «quella emessa dal gip è una misura molto forte perché contesta anche l'aspetto associativo agli indagati. La ricostruzione deve essere ispirata anche a valori etici - ha evidenziato. Alcuni passaggi connotano il grado di cinismo dei soggetti interessati nel considerare le loro condotte foriere di arricchimento, va sottolineata con gioia la capacità di essere stati capaci di fermarli. Senza lavoratori la città non potrà essere ricostruita ma noi dobbiamo guardare allo sfruttamento, fermarlo è motivo di orgoglio», ha ribadito il colonnello.