Sidoti: sul post-sisma Mario Monti sbaglia

Il preside di Scienze dell’investigazione al magistrato Prestipino: qui risposta dura contro le mafie

L’AQUILA. «Le cricche e le mafie si sono immediatamente affacciate sull’Aquila dopo il terremoto, ma hanno trovato un’accoglienza durissima, grazie a una presenza incisiva dello Stato e delle persone che lo rappresentano nella magistratura e nelle forze dell’ordine». Usa questa valutazione Francesco Sidoti, preside della Facoltà di scienze per l’investigazione, nel commentare le affermazioni del presidente del Consiglio Mario Monti in merito alla gestione del post-sisma. Qualche giorno fa, il premier aveva rimarcato che «nella richiesta per i fondi per la ricostruzione dopo il sisma in Emilia, nei confronti dell’Europa abbiamo dovuto pagare la mancanza di credito dell’Abruzzo, perché le notizie degli scandali erano arrivate anche a Bruxelles».

Affermazioni, a cui il preside Sidoti ha replicato in occasione di un seminario che ha ripercorso la cattura di Bernardo Provenzano e l’importanza dei pizzini come linguaggio mafioso. Tra i relatori Michele Prestipino, procuratore aggiunto della Repubblica della Dda di Reggio Calabria, Renato Cortese, capo della Squadra mobile di Roma oltre al professor Vincenzo Ciconte, esperto in storia della criminalità. «Non mi permetterei mai di insegnare qualcosa alla più eminente e qualificata personalità italiana sulla scena internazionale», incalza Sidoti. «Mi permetto di dire che il presidente Monti non è stato informato a mio avviso correttamente: infatti, non da ora sostegno che mentre prima del terremoto molte cose all’Aquila avrebbero dovuto essere fatte in maniera diversa da come sono state fatte, invece nel dopo-terremoto c’è stato un impegno straordinario dello Stato e dei suoi apparati». Un impegno che, a detta del professore, non può certo essere offuscato da recenti vicende che hanno riguardato alcuni rappresentanti delle istituzioni «che pare all’Aquila non abbiano fatto il proprio dovere». Il riferimento indiretto è all’ex prefetto Giovanna Maria Iurato sorpresa da alcune intercettazioni a ostentare “finta commozione” davanti alla Casa dello studente. Ma proprio le intercettazioni ambientali rappresentano un elemento importante per contrastare infiltrazioni mafiose. Determinanti, lo sono state alla cattura di Provenzano e alla scoperta del codice dei “pizzini”. Per quanto riguarda il caso L’Aquila, il discorso relativo alle infiltrazioni «è piuttosto complesso», come spiega Maurilio Grasso, capo della squadra mobile nel capoluogo, «le forze di polizia lavorano in sinergia con la magistratura nella prevenzione e nell’eventuale repressione del crimine».

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