Smaltimento delle macerie, ecco i conti
La spesa fissata dal prezzario regionale è ricompresa nel contributo per le riparazioni.
L’AQUILA. «Per una casa classificata B, il conto per la rimozione delle macerie e per il loro smaltimento raggiunge facilmente il 10% del costo complessivo dell’opera di ristrutturazione. Per una casa di tipo E questa percentuale può salire ulteriormente». A parlare è l’ingegnere Fabrizio Cimino, uno dei professionisti alle prese con i problemi della ricostruzione post terremoto. «Nell’ultimo aggiornamento del prezzario, la Regione ha codificato molti prezzi tra cui quelli relativi a rimozioni e smaltimenti» spiega Fabrizio Cimino. «Ad esempio, nella rimozione di macerie - eseguita con mezzo meccanico - di parti in cemento armato, massi, detriti da murature e tramezzature, opere in ferro e in legno, il costo riconosciuto all’impresa - esclusa la cernita dei materiali e gli oneri di smaltimento - è di 19,73 euro a metro cubo» spiega Cimino. «Se la rimozione di macerie viene fatta a mano, il costo sale a 151,73 euro a metro cubo.
A queste somme vanno, inoltre, aggiunti gli oneri per lo smaltimento». «Un servizio, questo» aggiunge ancora il professionista «che può costare 0,90 euro a quintale, nel caso di “materiale da scavo asciutto”, ma la spesa può salire a un 1,28 euro nel caso di “materiale da scavo (anche bagnato), con argilla e sassi”. Sono solo alcuni esempi, e il prezzario elenca una serie di casi pratici a cui poter fare riferimento». Sono, invece, interamente a carico dei Comuni le spese di rimozione e smaltimento delle macerie di edifici pubblici, nonché di quelle case e palazzine private completamente distrutte dal sisma o, ancora, da demolire con apposita ordinanza. Le imprese che eseguono i lavori di riparazione di case private devono, invece, far rientrare questi costi nel budget complessivo del contributo previsto per ogni intervento.
I detriti rimossi vanno trasportati in discariche autorizzate che attualmente si trovano a Barisciano, Bazzano, San Vincenzo Valle Roveto, Sulmona, Celano, Avezzano, Tagliacozzo e Goriano Sicoli. Ci sono poi altri siti, abilitati anche al riciclo di questi materiali, che si trovano a Massa d’Albe, Capestrano, L’Aquila, Montereale, San Benedetto dei Marsi, Avezzano, Aielli, Capistrello, Carsoli, Celano, Pacentro e Scontrone. L’elenco ufficiale delle discariche autorizzate è pubblicato sul sito internet della Provincia. Ma servono altre localizzazioni perché le macerie da portar via sono davvero tante. Un problema, questo, che verrà affrontato domani nel corso di un’incontro alla Regione nel quale il Comune dell’Aquila tornrà a chiedere anche un indennizzo ad hoc per questo lavoro.
Comunque sia, l’impresa a cui viene affidato l’intervento di ristrutturazione deve necessariamente far riferimento alle discariche autorizzate. «Nella fase di rimozione delle macerie» conclude Cimino, «il calcolo viene fatto misurando non il peso del materiale, ma il suo volume. Ad esempio, per rimuovere un metro cubo di macerie, lavorando a mano (ciò avviene quando si è costretti ad operare in spazi stretti) c’è bisogno di molto impegno da parte degli operai e ciò che viene riconosciuto dal prezzario non è una cifra particolarmente alta. Quello della rimozione degli inerti è uno dei tanti aspetti delicati della fase della ricostruzione che prevede iter davvero lunghi. Ciò che sarebbe necessario è lo snellimento delle pratiche burocratiche. Per una casa B ci vogliono 13 certificati e non credo sia un caso se, su 10.000 case con questa classificazione, siano solo 800 le domande finora presentate. E di queste, ben 500 sono quelle che risultano “osservate”».
A queste somme vanno, inoltre, aggiunti gli oneri per lo smaltimento». «Un servizio, questo» aggiunge ancora il professionista «che può costare 0,90 euro a quintale, nel caso di “materiale da scavo asciutto”, ma la spesa può salire a un 1,28 euro nel caso di “materiale da scavo (anche bagnato), con argilla e sassi”. Sono solo alcuni esempi, e il prezzario elenca una serie di casi pratici a cui poter fare riferimento». Sono, invece, interamente a carico dei Comuni le spese di rimozione e smaltimento delle macerie di edifici pubblici, nonché di quelle case e palazzine private completamente distrutte dal sisma o, ancora, da demolire con apposita ordinanza. Le imprese che eseguono i lavori di riparazione di case private devono, invece, far rientrare questi costi nel budget complessivo del contributo previsto per ogni intervento.
I detriti rimossi vanno trasportati in discariche autorizzate che attualmente si trovano a Barisciano, Bazzano, San Vincenzo Valle Roveto, Sulmona, Celano, Avezzano, Tagliacozzo e Goriano Sicoli. Ci sono poi altri siti, abilitati anche al riciclo di questi materiali, che si trovano a Massa d’Albe, Capestrano, L’Aquila, Montereale, San Benedetto dei Marsi, Avezzano, Aielli, Capistrello, Carsoli, Celano, Pacentro e Scontrone. L’elenco ufficiale delle discariche autorizzate è pubblicato sul sito internet della Provincia. Ma servono altre localizzazioni perché le macerie da portar via sono davvero tante. Un problema, questo, che verrà affrontato domani nel corso di un’incontro alla Regione nel quale il Comune dell’Aquila tornrà a chiedere anche un indennizzo ad hoc per questo lavoro.
Comunque sia, l’impresa a cui viene affidato l’intervento di ristrutturazione deve necessariamente far riferimento alle discariche autorizzate. «Nella fase di rimozione delle macerie» conclude Cimino, «il calcolo viene fatto misurando non il peso del materiale, ma il suo volume. Ad esempio, per rimuovere un metro cubo di macerie, lavorando a mano (ciò avviene quando si è costretti ad operare in spazi stretti) c’è bisogno di molto impegno da parte degli operai e ciò che viene riconosciuto dal prezzario non è una cifra particolarmente alta. Quello della rimozione degli inerti è uno dei tanti aspetti delicati della fase della ricostruzione che prevede iter davvero lunghi. Ciò che sarebbe necessario è lo snellimento delle pratiche burocratiche. Per una casa B ci vogliono 13 certificati e non credo sia un caso se, su 10.000 case con questa classificazione, siano solo 800 le domande finora presentate. E di queste, ben 500 sono quelle che risultano “osservate”».