Spycam all’Aquila, dall’esame del cellulare non emerge la cessione dei video

Primi parziali esiti della perizia tecnica sui dispositivi sequestrati al 56enne che aveva affittato le case. Chiesto il dissequestro di un computer. Restano confiscati gli 80mila euro trovati nell’auto
L’AQUILA. I primi, parziali, risultati della perizia tecnico-informatica, consegnati alcuni giorni fa, segnano un passaggio importante nell’inchiesta, condotta dalla Polizia, sulle spycam nascoste negli appartamenti affittati in un’intera palazzina da G.G., 56 anni, su cui pendono le ipotesi di reato di interferenze illecite nella vita privata e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Il pm titolare dell’inchiesta è Andrea Papalia. Uno dei dispositivi ritenuti centrali dagli investigatori, ovvero il cellulare personale dell’indagato, non mostra tracce di cessioni o invio dei filmati. Un aspetto particolarmente significativo perché proprio quel telefono veniva utilizzato per la maggior parte delle operazioni quotidiane, compresi la gestione dell’app che permetteva di visionare le telecamere e l’eventuale trasferimento di contenuti.
È il primo elemento concreto emerso dall’analisi tecnica e rappresenta un punto di partenza per stabilire se quei video siano rimasti confinati nella memoria dei dispositivi o se, in qualche forma, abbiano oltrepassato i confini violati della privacy degli inquilini. La perizia, però, è ancora in corso e dovrà estendersi a tutti gli altri strumenti sequestrati: un computer utilizzato dalla moglie dell’indagato per motivi professionali, un tablet a uso familiare e ulteriori dispositivi ritenuti pertinenti dagli inquirenti. L’uomo, secondo le ricostruzioni, non avrebbe utilizzato questi apparecchi per eventuali trasferimenti di file, ma la procura intende verificare ogni possibile canale. Intanto si attende una decisione sul dissequestro del computer della moglie, richiesto dal difensore Roberto De Cesaris, previa estrazione della copia forense necessaria agli accertamenti.
È ancora aperta anche la partita delle somme sequestrate, gli 80 mila euro trovati nell’auto dell’indagato. Dopo un primo sequestro probatorio annullato dal tribunale in accoglimento dell’opposizione della difesa, il pubblico ministero ha disposto un nuovo sequestro, questa volta di natura preventiva, ritenendo il denaro astrattamente collegabile al reato e potenzialmente confiscabile. Sul fronte cautelare rimane in vigore il divieto di avvicinamento di 500 metri tra l’indagato e tutte le parti offese, controllato da un braccialetto elettronico capace di attivare automaticamente l’intervento delle forze dell’ordine in caso di violazione.
Nel frattempo, la palazzina dove sarebbero state installate le telecamere si è ormai svuotata. La quasi totalità degli inquilini – giovani lavoratori, studenti e coppie che vivevano negli appartamenti in affitto – ha lasciato le abitazioni. Molti di loro hanno preferito evitare commenti, ma attraverso i rispettivi legali hanno fatto sapere di aver vissuto un periodo di forte smarrimento. Ora la parola torna alla perizia, chiamata a chiarire definitivamente la reale portata delle accuse.
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