Sulmona, anziani ex emigrati in Venezuela ridotti alla fame per la burocrazia

Ventidue persone di età compresa tra gli 80 e gli 88 anni non ricevono la pensione da dicembre a causa di un complicato meccanismo internazionale

SULMONA. Una vita di lavoro, per ritrovarsi praticamente alla fame, all’età di 88 anni. Un destino terribile per lui, e per altre 21 persone residenti tra Sulmona e Pratola Peligna, intrappolate in un incubo di burocrazia, riforme pensionistiche, relazioni diplomatiche internazionali. Da dicembre dell’anno scorso non percepiscono più la pensione. Non possono acquistare cibo, nè farmaci, nè qualsiasi altra cosa che potrebbe rendere la loro vecchiaia più semplice.

Partiti giovanissimi come migranti, alla volta del Venezuela, dopo tanti anni sono tornati in Italia per trascorrere gli ultimi anni della loro vita in santa pace. Invece no. È andato tutto bene fino a dicembre. La pensione che percepivano si compone di due voci; da una parte quella versata dal Venezuela, dall’altra quella italiana, che rappresenta un’integrazione. Per un diabolico sistema di doppi e tripli cambi valutari tra il bolivar e l’euro, complice anche la svalutazione che colpisce la divisa sudamericana, la quota venezuelana si è praticamente raddoppiata, fino a far scomparire quasi del tutto quella italiana. Poi è arrivata la crisi, che in Venezuela sta determinando una emergenza umanitaria, e da dicembre il pagamento delle pensioni si è interrotto.

L’Inps, al quale spetta il compito di erogare le spettanze a compensazione, di fronte a pensioni dichiarate di 1200-1300 euro ha praticamente sospeso la quota italiana. Attualmente la stragrande maggioranza degli anziani riceve 20-25 euro al mese. In Italia ci sono tremila persone che si trovano in questa situazione, come spiega il direttore regionale dell’Inps, Roberto Bafundi. «È un problema politico», spiega, «al limite delle nostre competenze. All’Istituto», spiega, «risulta che gli accreditamenti vengono eseguiti, e per questo motivo non si può procedere a innalzare la quota italiana della pensione, almeno a raggiungere le soglie della sopravvivenza. La direzione generale dell’Inps si è già attivata e lo scorso maggio l’ambasciata venezuelana ha certificato che si trattava di un problema tecnico in via di risoluzione».

Ma così, evidentemente, non è stato. E intanto gli anziani aspettano. «Cosa dobbiamo fare», chiede la figlia di uno di loro, «metterli su un barcone affinché qualcuno si accorga della situazione terribile che stanno vivendo»?

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