Terremoto, nuove inchieste su politici e corruzionegrazie alle intercettazioni della procura di Pescara

Il procuratore Trifuoggi: "Scoperte a Pescara vicende che spero diventino presto note nel modo più pesante. I cittadini devono reagire con la stessa dura indignazione espressa per le intercettazioni di «quelli che ridevano»"

L’AQUILA. La procura di Pescara, grazie alle intercettazioni, ha scoperto fatti di competenza di altre procure, quali Roma, Perugia e L’Aquila, e li ha trasmessi a chi di dovere. Si tratta di reati contro la pubblica amministrazione che hanno come punto di partenza il terremoto. Episodi di ordinaria corruzione commessi con ogni probabilità da personaggi politici, gente che negli anni ha avuto una certa notorietà e che ora sembra non arrendersi.

«Ci sono altre vicende legate al terremoto sulle quali la procura dell’Aquila sta indagando», dice, «fatti ancora assolutamente sconosciuti». Lancia un nuovo sasso nello stagno delle inchieste legate al terremoto del 6 aprile 2009, il procuratore della Repubblica di Pescara Nicola Trifuoggi. Uno stagno già pieno di fatti e personaggi finiti nel mirino dei magistrati in questi quasi tre anni trascorsi dal sisma.

Il procuratore capo sceglie la platea di studenti, giornalisti, militari e investigatori arrivati nel polo didattico di Scienze per l’Investigation Day. «Ci sono nuove vicende scoperte e che spero diventino presto note, notissime, e lo diventino nel modo più pesante possibile», ha detto il procuratore, augurandosi cioè che le nuove inchieste «vengano messe presto a conoscenza della comunità. I cittadini devono reagire con la stessa dura indignazione che hanno espresso per le intercettazioni di “quelli che ridevano” per la catastrofe in Abruzzo», Gagliardi e Piscicelli.

Trifuoggi ha accettato di partecipare ieri alla nona edizione dell’Investigation day. Al centro del dibattito una riflessione sui temi investigativi e giudiziari sul terremoto aquilano. All’Aquila, dove è stato procuratore una ventina di anni fa, Trifuoggi è ancora legato. «Qui ho incontrato la donna che sarebbe diventata mia moglie», ha raccontato, «quindi ho continuato a frequentare la città. Conosco il lavoro della procura. So che ha aperto numerosi procedimenti legati al  terremoto». Tra i quali quelli «relativi ai crolli di alcuni edifici costruiti in maniera non appropriata. Poi quello che vede coinvolta la commissione Grandi rischi, accusata di aver sottovalutato lo sciame sismico. E ancora tutti i procedimenti aperti legati agli affari economici che qualcuno ha tentato di fare con i fondi del sisma. Anche in un piccolo Comune del cratere sismico di Pescara», ha ricordato Trifuoggi, «è nata una piccola ma pericolosa combriccola di affaristi, che mirava a intascare quei fondi. Complici alcuni esponenti politici, tecnici del Comune e imprenditori locali».

Ecco perché, a giudizio del procuratore, «anche a Pescara conosciamo le ambizioni che nutrono alcuni malintenzionati sui soldi dello Stato».

Trifuoggi ha poi ricostruito il modo in cui sono nate alcune delle inchieste del sisma. Fondamentale, in quei casi, è stato l’utilizzo delle intercettazioni, strumento che il governo  intende riformare limitandone l’uso. «Alcune indagini riguardanti il sisma hanno preso le mosse da altre aperte dalla procura di Pescara», ha spiegato il procuratore capo, «mentre stavamo intercettando persone per reati diversi. E io qui voglio lanciare un allarme: le intercettazioni telefoniche sono preziose e vanno salvaguardate. La riforma all’esame del Parlamento potrebbe sminuirne l’utilità. Abbiamo scoperto diverse vicende legate al terremoto grazie ad esse. Nell’ambito di una conversazione sono ad esempio emerse dichiarazioni rilevanti per individuare  reati penali all’Aquila. Stavamo indagando sulla strada Mare-Monti, che avrebbe dovuto collegare Penne a Pescara», ha ricostruito Trifuoggi, «e ci siamo imbattuti in alcune telefonate di un ingegnere romano, indagato in quell’inchiesta. Scoprimmo così che quell’uomo era collegato anche con gli appalti per il G8 alla Maddalena e all’Aquila. A quel punto abbiamo trasmesso gli atti alle procure interessate. Tra le quali quella dell’Aquila».

Ha difeso dunque a spada tratta lo strumento delle intercettazioni il procuratore di Pescara, così come ha fatto a Roma, due giorni fa, dove è stato ricevuto dalla commissione d’inchiesta del Senato sulla Sanità. E ha criticato senza riserve l’ex ministro della Giustizia, Angelino Alfano. «Disse che si dovrebbe tornare ai tempi dei poliziotti che si appostavano per pedinare la gente. Il ministro vorrebbe farci tornare a utilizzare metodi desueti e non più efficaci per scovare reati commessi anche con le moderne tecnologie». Il magistrato è «al servizio della comunità » e il controllo sulle sue attività, secondo Trifuoggi, «avviene proprio facendo conoscere la sua attività all’opinione pubblica». D’altra parte, ha ricordato con un filo d’ironia che lo  contraddistingue, «è un’assurdità dire che la riforma permetterà di ricorrere alle intercettazioni per i reati di mafia. E come li vogliamo trovare questi reati? Aspettando la risposta “pronto, qui mafia”?».

È invece importante, ha sottolineato il procuratore capo, per fare uscire la criminalità organizzata allo scoperto, partire dai reati comuni: furti, incendi. «Se la riforma delle  intercettazioni fosse passata già alcuni anni fa», ha concluso, «oggi gli aquilani ancora non  saprebbero nulla delle intenzioni di quei due che ridevano al telefono per la tragedia in Abruzzo. Perché avrebbero dovuto aspettare che l’indagine arrivasse al primo grado di giudizio, il livello  che consente, in base ai testi all’esame in Parlamento, di rendere pubblici i contenuti delle  intercettazioni ». Quindi quattro-cinque anni. Un tempo lunghissimo, trascorso il quale quelle informazioni avrebbero avuto un peso probabilmente inferiore sull’opinione pubblica-
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