Uffici pubblici sistemati ovunque

29 Novembre 2011

Sono dispersi in varie zone della città: trovarli è complicato

L'AQUILA. Per ottenere un certificato all'anagrafe del Comune si deve andare in via Rocco Carabba. Informazioni sull'autonoma sistemazione, invece, devono essere cercate in un locale qualche chilometro più lontano, nel nucleo industriale di Pile.
In una di quelle vie il cui nome non entrerà mai nella memoria dei cittadini, perché un nucleo industriale per quanto possa essere popolato da esercizi commerciali e uffici, resterà nell'immaginario collettivo un luogo di passaggio. Stiamo parlando di due servizi forniti dallo stesso ente: il Comune. È solo uno dei 48 esempi che potrebbe essere fatti per comprendere il "disordine" in cui versa la città.

Quasi tre anni fa la sua vita è stata bloccata dal terremoto anche da un punto di vista logistico. Alle 19 new town del governo Berlusconi e alle decine di villaggi Map distribuiti nelle frazioni e negli altri Comuni del cratere nell'Aquilano (tra l'altro senza trasporti pubblici o negozi in cui comprare mortadella), si vanno ad aggiungere le 48 sedi decentrate degli uffici pubblici: Comune, Provincia, Inail, università, avvocatura, Camera di commercio, Agenzia delle entrate, Archivio di Stato e così via. Ogni giorno è un rebus per ritrovare l'ufficio che serve a districare una certa pratica, ottenere un certificato, chiedere un'informazione. E spesso tra un ufficio e l'altro ci sono chilometri da percorrere. Un ostacolo non di poco conto per gli anziani o per chi non ha la patente. A dare lo spunto per fare il quadro della situazione è stata ieri mattina la Cgil. La segreteria provinciale ha organizzato per domani un'assemblea cittadina dei lavoratori del pubblico impiego e del settore pubblico. Il titolo è emblematico: «Ricostruiamo il lavoro pubblico all'Aquila. Luoghi, tempi e precarietà nella città che non c'è».

L'iniziativa è stata presentata ieri dal segretario provinciale Umberto Trasatti, dal segretario generale della Funzione pubblica della Cgil, Dario Angelucci e da Ferdinando Lattanzi della segreteria del sindacato. Al dibattito parteciperà anche la segretaria generale Fp-Cgil Rossana Dettori, alla quale sarà chiesto di impegnare la Funzione pubblica a sostenere questa proposta nei confronti del governo. Si parlerà di precariato e della necessità di chiedere a Monti «una deroga al Patto di stabilità e alle norme che regolano il turn-over», ha spiegato Angelucci. Il pericolo è che «venga ulteriormente rallentata la ricostruzione», ha aggiunto Trasatti, «che in molti Comuni è seguita dai precari assunti con contratto a progetto». Quella del precariato è «una piaga che colpisce la città ben prima del terremoto», ha spiegato, «e ora è aggravata dall'esigenza di ricostruire il capoluogo di regione».

Ma torniamo alla città dislocata. Il Comune, punto di riferimento sia per le questioni legate alla vita quotidiana, sia per quelle dell'assistenza post-sisma e della ricostruzione, è diviso in 12 diverse sedi. Alcune sono nell'immediata periferia, altre dislocate verso l'esterno della città. Non solo. La città molteplice è anche «in divenire»; cambia continuamente. Cerchi un ufficio in un posto, e non ce lo trovi più. È il caso di quello che si occupa dell'assistenza alla popolazione. Un disordine al quale ci si potrebbe anche adeguare. Ci si abitua a tutto. Ma che fotografa la confusione in cui navigano a vista anche gli amministratori locali. Il Piano di ricostruzione del Comune, la mappa che dovrebbe dare un'indicazione di massima della localizzazione dei luoghi della città del futuro, potrebbe ad esempio aiutare a mettere ordine facilitando la vita quotidiana dei cittadini. Ma ancora non ce n'è traccia.

Continuando con la nostra ricerca degli enti, emblematica è anche la situazione della Provincia: gli uffici (situati anche nei container) sono in 4 posti diversi. Sono in totale 16 gli enti ricollocati in sedi definitive, 18 in locali non definitivi, ma comunque dignitosi e 14 in sedi provvisorie e con grandi criticità. Se alla precarietà logistica si somma anche quella del lavoro pubblico, come denunciato dalla Cgil, il quadro che ne esce è di una città che ancora cerca se stessa. Per ora indaffarata a trovare un interlocutore che si faccia carico delle problematiche dell'Aquila dentro al governo Monti. «Vorremmo che a livello centrale capissero», ha concluso Trasatti ieri, «che L'Aquila ha bisogno di un "trattamento speciale" per non morire».

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