Un'altra vittima per Onnaè morto Mario Papola

Era l'ultimo testimone della follia nazista del '44, ferito nel crollo della casa

ONNA. Il terremoto ha fatto un’altra vittima. Per Onna è la numero 40. Il suo nome è impresso nella storia di questa terra: Mario Papola. Aveva 84 anni, era rimasto ferito nel crollo della sua casa ed era l’ultimo testimone della strage nazista del ‘44. Papola se n’è andato alla vigilia della festa della Liberazione, che quest’anno a Onna, paese martoriato divenuto simbolo della catastrofe d’Abruzzo, assumerà un significato particolare vista l’annunciata presenza del presidente del consiglio Berlusconi e del leader del Pd Dario Franceschini. Insieme commemoreranno i martiri di Onna.

Mario Papola, nella notte del sei aprile, era nella sua casa di Onna, in via delle Massale, con la moglie Raffaelina Marinacci, 83 anni, ora ricoverata all’ospedale di Avezzano con ferite a un braccio. Anche Mario Papola era ricoverato nella Marsica. In quella terribile notte era stato tirato fuori dalle macerie da un compaesano, Arnaldo Pezzopane. Con Papola scompare l’ultimo testimone diretto delle vicende che portarono alla strage dell’11 giugno 1944. Vicende che lo stesso Papola aveva raccontato a Giustino Parisse, caporedattore della sede aquilana de il Centro, e ad Aldo Scimia, autori del libro “Indagine su un massacro”. Papola, che a quell’epoca aveva 19 anni, era il fratello di Cristina Papola, la prima vittima, il 2 giugno del 1944, della ferocia nazista. Mario quel giorno di 65 anni fa era in contrada Masergi a pascolare i cavalli. A un tratto si presentarono due militari della Wermacht e gli rubarono gli animali. Mario, con la bicicletta, corse subito ad Onna. La sorella Cristina reagì con veemenza e convinse il padre Silvio e il fratello a recarsi dai tedeschi per farsi ridare i due cavalli. Mentre Mario, Cristina e Silvio si avvicinavano a palazzo Pica Alfieri (distrutto dal terremoto) dove erano stati portati gli animali videro un giovane di Onna passare loro davanti e andare con piglio deciso ad affrontare due militari tedeschi che avevano rubato il cavallo anche a lui. Ne nacque una zuffa e Mario ricordava bene che nessuno rimase ferito anche se i tedeschi, poi, fecero girare la voce, infondata, che un loro commilitone era morto (servì loro come appiglio per la rappresaglia dell’11 giugno).
 
Il giovane che aveva avuto lo “scontro” con i tedeschi si diede alla fuga e nel mirino dei militari finirono Mario, Silvio e Cristina. La ragazza fu catturata, si rifiutò di fornire indicazioni e pagò con la vita. Fu freddata all’altezza del pinnerone, nel cuore del paese, dove oggi il terremoto ha fatto vittime e danni. Mario è vissuto anche per ricordare il sacrificio di sua sorella. Quando gli nacque una bambina la chiamò Cristina. Oggi sua figlia fa l’insegnante. Non mancava mai alle commemorazioni e se avesse potuto non si sarebbe persa quella di domani in ricordo della Liberazione. Ma se n’è andato l’altra notte in ospedale, con una doppia tragedia nel cuore.