Vicario Curia, quattro in lizza

L’arcivescovo deve scegliere il numero 2. Nella rosa Maggioni, Pagano Le Rose, Gajda e Tarantino

L’AQUILA. In quattro in lizza per la poltrona numero 2 della Curia metropolitana. L’uscita di scena del vicario generale Giovanni D’Ercole ha privato l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi del suo principale collaboratore. Dunque, essendo improbabile che il ruolo sia di nuovo attribuito al pro-vicario generale Alfredo Cantalini, parroco di Santa Rita a via Strinella, è già partita la caccia a chi dovrà vestire la fascia paonazza. Il vicario generale, che secondo le norme canoniche «rappresenta il vescovo, e cura i rapporti con le parrocchie e i vicariati, le concessioni degli imprimatur, i rapporti con gli enti territoriali e della società civile, l’amministrazione dei beni ecclesiastici e gli aspetti giuridici dei sacramenti e della loro celebrazione» potrebbe essere uno tra il cancelliere e arcidiacono Sergio Maggioni, il canonico e cappellano della poliziaCarmelo Pagano Le Rose e i due outsider Bruno Tarantino, parroco di San Marciano e direttore del servizio per l’edilizia di culto, e il polacco Marcjn Robert Gajda, considerato in forte ascesa, parroco di Santa Maria Mediatrice a Valle Pretara e già rettore del santuario Giovanni Paolo II alla Jenca.

La scelta spetta all’arcivescovo, che, come gli impone il canone 475 del Codice di diritto canonico, «deve costituire il vicario generale affinché, con la potestà ordinaria di cui è munito a norma dei canoni seguenti, presti il suo aiuto al vescovo stesso nel governo di tutta la diocesi». Il canone 478 ne traccia l’identikit: «Il vicario generale ed episcopale siano sacerdoti di età non inferiore a 30 anni, dottori o licenziati in diritto canonico o teologia oppure almeno veramente esperti in tali discipline, degni di fiducia per sana dottrina, rettitudine, saggezza ed esperienza nel trattare gli affari».

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