La rinascita e i sapori degli orti medievali

13 Agosto 2015

Decolla il progetto della Riserva naturale Lago di Serranella

CHIETI. Usanze gastronomiche e ricette tradizionali estive con il tortarello della valle del Sangro e del Trigno, il melone profumato – a torto confuso con il cetriolo – di cui si ha contezza fin dagli antichi egizi e negli affreschi di Pompei ed Ercolano.

C'è l'insalata dei trebbiatori della collina chietina a base di tortarello condito, ottimo dissetante e nutriente, ristoro pre o post pranzo dei mietitori accaldati dal solleone. L'insalata “ciavarella” arricchita dal peperone rosso fiammante di Altino e di quant'altro disponibile nell'orto. L'insalata di tortarello e “precacchia” (la vitaminica, e infestante, portulaca) e l'antipasto agrodolce di profumato tortarello maturo accostato al sensuale abbinamento tra prosciutto e fichi “reali”. E non mancano gli spaghetti alla trappitara, rustico e sontuoso piatto che celebrava la raccolta delle olive con abbondante olio fresco di molitura, peperone (rosso di Altino/Serranella) secco tritato grosso, sarde o alici sotto sale e pane raffermo. A leggerle, usanze e ricette ortolane, fanno tenerezza per tanta sincerità di intenti. Gustarne i sapori è come entrare nell'abbraccio materno del mondo contadino, a distanza astrale dai divismi dell'enogastronomia 3.0 eppure così essenziale e imprescindibile da esserne riconosciuta fonte di ispirazione. Un patrimonio agrario e profondamente identitario strappato alla minaccia del mercato globale grazie a iniative appassionate ed entusiasmanti come il Progetto Orti lanciato, 10 anni or sono, dalla Riserva naturale Lago di Serranella (territori di Altino, Casoli e Sant'Eusanio del Sangro) con l'infaticabile cura di Aurelio Manzi, botanico e studioso di storia del paesaggio e dell’agricoltura, e della cooperativa Sagrus. Negli orti medievali – con essenze e piantine alimentari europee precedenti la scoperta dell'America – delle riserve di Serranella, Abetina di Rosello e Bosco di Don Venanzio (Pollutri) «e senza un euro di finanziamento pubblico» – precisa la coop che cura la gestione – si coltivano varietà locali di fagiolo “Socere e nore” o fagiolo dall'occhio, cicerchie e piselli, cocomeri e meloni, zucche e cetrioli, insalate, sedano (Nero di Torricella Peligna), peperone “cornetto” rosso, coriandolo per le salsicce e aneto per i ravioli. E nell'incluso Giardino di Pomona pere, mele, fichi, susine, ciliegie, sorbe locali. Si recuperano semi, per lo scambio, per la prossima semina.

E si raccolgono storie ortolane, trasmesse oralmente dagli ultimi contadini del posto, prima di perderle con loro. Un modo «non remunerativo ma di immenso valore culturale», conviene il sindaco di Casoli Sergio De Luca, che coniuga la vocazione territoriale all’educazione ambientale e alimentare. Un progetto ambizioso e tenace confortato dalla partecipazione corale delle famiglie del posto («che tengono puliti i sentieri e le aree verdi» racconta Angela Natale, presidente di Sagrus) e le visite di scolaresche da tutto Abruzzo e non solo. «E' importante creare percorsi di valorizzazione attorno a coltivazioni di nicchia apparentemente minori, che in virtù della loro unicità potrebbero rappresentare un plus esclusivo per i giovani agricoltori e per l'alta gastronomia espressa dal territorio» afferma Mario Pellegrini, naturalista e direttore delle Riserve in Val di Sangro. Oltre al vantaggio di poter mangiare prodotti autoctoni dalle qualità organolettiche e nutraceutiche inimitabili.

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