È il giorno di Manu Chao: sold out l’Ultra acoustic tour al Parco Di Cocco

Il poliedrico cantore dei “clandestini” oggi a Pescara. Hit vecchie e nuove in una formula intima, con la chitarra. Nato a Parigi da padre galiziano e madre basca, è stato anche fondatore dei “Mano Negra”, mitica band di fine anni ’80
PESCARA. Chitarra, loop station e l’immancabile berretto di ordinanza: Manu Chao torna a Pescara con il suo Ultra acoustic tour, in programma stasera alle 21 nel parco Di Cocco, per un appuntamento da tutto esaurito firmato Best Eventi. A poco più di vent’anni dalla storica performance allo stadio Adriatico, l’artista franco-spagnolo sceglie stavolta una formula più intima, accompagnato dal polistrumentista Lucky Salvadori – virtuoso delle corde con radici italiane – e dal percussionista galiziano Miguel Rumbao. In scaletta sono attesi brani tratti dagli album Clandestino (1998), Próxima estación: esperanza (2001), La Radiolina (2007), oltre a lavori più recenti, come Viva tu (2024).
Non mancano le sue hit storiche: Clandestino, Rainin’ in Paradize, Desaparecido, La vida tómbola, Bongo Bong e Mala vida, quest’ultima risalente al periodo con La Mano Negra. Nelle tappe italiane, Manu Chao ha inserito anche A me mi piace, versione italiana del celebre Me gustas tú, incisa nel 2024 in collaborazione con Alfa. Spazio, come sempre, a rielaborazioni in chiave acustica, con testi in spagnolo, francese e portoghese.
Nato a Parigi da padre galiziano e madre basca in fuga dalla dittatura franchista, José Manuel Arturo Tomás Chao Ortega – questo il suo nome completo – ha iniziato con il pianoforte e la chitarra, suonando in casa con il padre, giornalista, e poi con i cugini. Col tempo è entrato in formazioni sempre più affermate, facendosi strada nella scena alternativa parigina. Ha sperimentato linguaggi diversi, fino a fondare La Mano Negra, gruppo simbolo degli anni tra il 1987 e il 1994. Quando i compagni lo hanno lasciato, ha scelto di partire: un viaggio esistenziale e musicale attraverso Spagna e Sudamerica, alla ricerca delle sue radici. Proprio durante questo vagabondaggio ha preso forma Clandestino, disco solista costruito come un collage di incontri e suoni raccolti tra Messico, Brasile e Argentina. Ha registrato con uno studio portatile, salvando frammenti sonori come in un diario musicale, poi rielaborato insieme al produttore Renaud Letang.
Fin dagli anni Settanta, influenzato dai Clash, ha seguito una linea coerente, senza mai rinnegare le sue origini ribelli. Anche quando è arrivato il successo internazionale, non ha abbandonato la strada: ha continuato a suonare nei festival itineranti, in contesti popolari, spesso gratuitamente. Indimenticabile l’esibizione davanti a centomila persone nel centro di Città del Messico in sostegno alla causa zapatista e al subcomandante Marcos. Ha preso posizione su numerosi fronti: dalla legalizzazione delle droghe leggere ai diritti dei pazienti psichiatrici, passando per il movimento No global. Ma il tema che lo ha colpito più nel profondo resta quello dell’immigrazione clandestina, vissuto sulla propria pelle da figlio di persone che hanno fatto i conti con l'esilio. Una ferita che il successo non ha mai guarito del tutto.
In apertura, spazio alla scena reggae romana con il duo Inna Cantina: sul palco Jimmy e Lentu, pronti a scaldare l’atmosfera prima dell’arrivo di Manu Chao. Entrambi classe ’92, hanno iniziato a comporre musica al liceo con testi di denuncia sociale, aggregazioni di masse alle occupazioni studentesche, finendo poi per a collaborare con i pilastri in Italia del genere come Brusco, Piotta e altri, fino ad artisti internazionali del calibro di Bay C, del collettivo giamaicano Tok. Portatori sani del loro messaggio d’amore, vantano dieci anni di live in tutta Italia e in Europa, l’esempio vivente che credere e sognare in grande, accorcia le distanze tra sogni e realtà.
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