La Deco punta alla gestione del Cirsu

14 Maggio 2016

Il gruppo dei Di Zio presenta una proposta di concordato fallimentare, stessa istanza anche dal consorzio Csa

GIULIANOVA. Nella complessa e intricata vicenda del Cirsu le procedure fallimentari in corso possono far ipotizzare scenari futuri. Nei giorni scorsi la Deco, il gruppo che opera nel settore rifiuti fondato dalla famiglia Di Zio, ha presentato al giudice delegato ai fallimenti Giovanni Cirillo una proposta di concordato fallimentare. Proposta che si aggiunge a quella già presentata in precedenza dal Csa, Consorzio stabile ambiente dell’Aquila, società che attualmente gestisce gli impianti di Grasciano. Le proposte dovranno essere esaminate dai curatori fallimentari e dalle assemblee dei creditori. Non è escluso che, una volta concluse le procedure, il giudice possa decidere di ricorrere ad un bando.

Il concordato fallimentare, a differenza del concordato preventivo che costituisce un’autonoma procedura concorsuale, rappresenta una delle forme di chiusura del fallimento, per il tramite di un accordo tra il fallito o un terzo e i creditori, ove vengano rispettate determinate condizioni. Nei giorni scorsi la Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato il ricorso presentato dai sindaci dei Comuni soci del Cirsu contro la sentenza di fallimento del consorzio. I giudici hanno dichiarato l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Csa, che aveva presentato ricorso insieme ai Comuni, e hanno rigettato il ricorso proposto dai sindaci confermando la sentenza di fallimento emessa nel settembre del 2015 dal giudice delegato Cirillo. Tra i motivi alla base quello di aver accumulato un debito di due milioni e mezzo di euro nei confronti di Abruzzo igiene ambiente, l’Aia, società all’epoca riconducibile al gruppo Deco, che fino al 2011 costituiva la parte privata della Sogesa, società braccio operativo del Cirsu addetta alla raccolta dei rifiuti nei Comuni consorziati nonché alla gestione del polo di Grasciano. Un debito frutto del mancato pagamento, da parte del Cirsu, delle azioni dell’Aia acquisite nel momento in cui la Sogesa divenne completamente pubblica. Secondo quanto previsto dal piano di risanamento approvato dal tribunale di Teramo prima del fallimento, il Cirsu avrebbe dovuto liquidare il proprio debito nei confronti dell’Aia entro il luglio del 2014, ma questo non è mai avvenuto. Questo stato di insolvenza è stato uno dei principali motivi per cui i giudici della Corte d’appello hanno rigettato la richiesta dei sindaci confermando la sentenza del tribunale di Teramo. Intanto, dopo un periodo di stop dovuto a irregolarità riscontrate dall’Arta (e su cui è in corso un’inchiesta della procura), da poco l’impianto di Grasciano ha riaperto al conferimento dei rifiuti organici che arrivano dai Comuni consorziati.(d.p.)

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