È l’anno più nero del commercio Scoppia la crisi di bar e ristoranti

21 Novembre 2022

Le attività in provincia sono 5.233: è il dato peggiore dal 2012. E la pandemia blocca le aperture  Il direttore Taucci: serve un gioco di squadra con pubblica amministrazione, negozianti e clienti

PESCARA. Saracinesche abbassate, vetrine impolverate, locali vuoti. E tanti cartelli di spazi in vendita o da affittare. La crisi del commercio galoppa e la conferma arriva dai dati InfoCamere, diffusi dalla Confesercenti, sul numero delle imprese registrate in provincia nel terzo trimestre 2022. Confrontati con quelli del passato, offrono una fotografia che non lascia spazio a considerazioni positive. E d’altronde prima il Covid e poi il caro energia hanno tolto fiato e speranze a molti. Nel commercio al dettaglio le attività sono 5.233, ed è il dato peggiore degli ultimi dieci anni. Dal 2019, quando erano 5.687, il calo è stato notevolissimo: sono 454 in meno. Le cose non vanno meglio nella ristorazione e nella somministrazione di alimenti e bevande. Quest’anno il dato si attesta su 2.507 attività e preoccupa particolarmente perché dal 2012 c’era stato un aumento costante, senza freni (nel 2012 erano 2.062). Ma ora, per la prima volta, si verifica una battuta d’arresto. All’apparenza neppure il Covid aveva fermato il trend del settore: nel 2019 c’erano 2.543 attività, passate a 2.559 l’anno successivo, e a 2.580 nel 2021. Ma poi la parabola ha imboccato la discesa.
Per Gianni Taucci, direttore di Confesercenti, la genesi della crisi di oggi risale a molti anni fa. «È cominciato tutto nel 2008», quando c’è stata una crisi davvero importante, a livello mondiale», spiega. E per riprendersi da fenomeni di questa portata ci vuole tempo, tanto tempo, «una decina di anni. Ma non c’è stato un recupero». Poi, ad aggravare la situazione, è arrivata «la pandemia e ora, da ultimo, il caro energia. Le attività fanno difficoltà a resistere e anche la ristorazione, che costituiva un dato positivo, è arrivata a far registrare il segno meno per il contesto Covid in cui ha dovuto lavorare ma anche per le scelte dell’amministrazione. E cioè, la ristorazione vive se può rimanere aperta, se può avere a disposizione luoghi aperti, tanto più che siamo in una città turistica, calda, per cui si può consumare all’esterno» ma il Comune sta fissando nuove regole per la movida, restrittive, per ridurre i rumori e andare incontro alle esigenze dei residenti. «Tutto questo sistema ha impoverito le imprese e» fa notare Taucci, «si sono impoveriti anche i lavoratori».
Riflessioni che arrivano alla vigilia del Black Friday, annunciato a Pescara dalle associazioni di categoria per il fine settimana, da venerdì a domenica, con micro eventi promossi dal Comune, in centro, domenica. «Il cittadino dovrebbe capire che acquistando on line impoverisce il territorio che gli è vicino», fa notare. «Se a Natale gli acquisti si fanno nel luogo in cui si vive, è una spesa fatta bene». Ma più in generale «bisogna cercare di fare rete, aggredire il territorio mirando alla comunicazione e alla fidelizzazione dei clienti, spingendoli a fare shopping in presenza. Ma è un gioco che si deve fare a quattro: commercianti, associazioni di categoria, pubblica amministrazione e consumatori. Questi ultimi, quando diventano clienti veri, beneficiano di trattamenti particolari».
Non è semplice, però, mettere insieme tutti, «è difficile far riflettere in maniera approfondita gli interlocutori. I commercianti pesano a come sopravvivere oggi, non al domani, e le associazioni di categoria, di fronte a un dialogo con la pubblica amministrazione che le annichilisce, si auto-limitano. Gli amministratori? Pensano di conoscere il commercio, ma non è così. Dovrebbero capire, come prima cosa, che tutto passa attorno alla rigenerazione urbana. E ai servizi, che fanno vivere la città».