6 aprile, sfilano le fiaccole: L’Aquila ricorda i 309 angeli 

Il corteo di luci e cartelli. E i nomi delle vittime a scandire il silenzio del Parco della Memoria  Federico Vittorini: cerchiamo ancora un senso al dolore, continuiamo a camminare e lottare

L’AQUILA. «Siamo angeli con un’ala sola e riusciremo a volare restando l’uno accanto all’altro». Le parole di don Tonino Bello sfidano il buio e il silenzio di una via XX Settembre pressoché deserta prima e dopo il passaggio delle fiaccole nella notte. La scritta illuminata, comparsa a pochi metri dalla Casa dello Studente, sembra intercettare il sentimento di chi ha deciso anche stavolta di ricordare.
«Fare memoria è l’unica cosa che ci rimane». Gli occhi e la voce flebile tradiscono un dolore che dopo 14 anni è sempre lo stesso: nulla è cambiato da quella notte in cui Alessandra Bortoletti provò invano a chiamare sua sorella Daniela, all’epoca 21enne, dopo la scossa delle 3.32. Daniela, originaria di Torre de’ Passeri, è ricordata tra le 309 vittime del terremoto dell’Aquila e la sua foto compare ora in uno dei grandi cartelli che sfilano, anno dopo anno, nella fiaccolata della memoria. «Ci ritroviamo qui e per me è come se fosse la prima volta», dice Alessandra, «avremmo voluto raccontare una storia diversa, mi sarebbe piaciuto dirvi altre cose, tipo “giustizia è stata fatta” ma non è così».
L’esigenza di fare memoria e chiedere giustizia continua a spingere persone ad aggregarsi alla fiaccolata lungo via XX Settembre, anche se la partecipazione è un po’ scesa rispetto agli anni precedenti alla pandemia. «Quello che ci portiamo dentro non possiamo cancellarlo», spiega Federico Vittorini, che nel sisma ha perso madre e sorellina, «dopo tutto questo tempo però cresce dentro di noi la voglia di dare un senso a tutto quel dolore e quel lutto, a quella notte. Un senso che ancora facciamo fatica a trovare. Per questo motivo continuiamo a camminare e lottare insieme a tutta la comunità che negli ultimi mesi sembra più sveglia, più viva, rispetto agli ultimi anni. Speriamo di dare un significato vero a questa giornata». Un senso che trascende polemiche e rivendicazione. «La nostra», ribadisce, «è solo una rivendicazione che nasce dall’esigenza di fare comunità e fare memoria affinché L’Aquila diventi una città importante, non perché capoluogo di regione ma perché ha qualcosa da insegnare alle altre città. Questo è possibile», aggiunge, «solo se remiamo tutti nella stessa direzione, se invece ci saranno discrepanze in questo percorso di crescita faremo fatica. La scelta sta a noi».
CANSU E RASHA
Ad accendere il braciere simbolo, posto nel Parco della Memoria di piazzale Paoli, sono state chiamate Cansu Sonmez, ricercatrice turca, dottoranda al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila e Rasha Youssef, siriana, ingegnere chimico industriale, che lavora da diversi anni nel capoluogo, con collaborazioni anche in ateneo. Le luci hanno riscaldato la fredda notte di via XX Settembre anche per Siria e Turchia colpite dal terremoto devastante del 6 febbraio scorso.
«Quella notte mi trovavo al confine con il Libano», spiega Rasha, «ero in taxi per raggiungere l’aeroporto di Beirut. Percepivo nell'aria qualcosa di strano e poi pioveva e c’era vento forte. Ho sentito il terremoto, pur senza rendermi conto della gravità. Ho subito chiamato al telefono i miei genitori che avevo lasciato da poco, erano sconvolti e dicevano che era successo l’impossibile, ma stavano bene. Non sapevo se restare o rientrare».
Una volta all’Aquila, ha coordinato insieme all’ex assessore Mimmo Srour una serie di raccolte di beni da destinare alla Siria tramite container. «Abbiamo fondato un’associazione», aggiunge, «per indirizzare gli aiuti».
Al fianco delle due ragazze Hasan Enes Mabocoglu, in rappresentanza dell’Ambasciata della Turchia. «Quello che è successo nel nostro Paese è devastante», spiega, «la mia presenza è il segnale di un ponte di solidarietà tra la Turchia e l’Italia, L’Aquila in particolare, la cui comunità ha vissuto un dolore analogo a quello che stiamo vivendo noi».
IL SINDACO
Poco più avanti il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi. «Viviamo la serata del ricordo delle 309 vittime», sottolinea, «e di tutto il cammino faticoso fatto per riconquistare una città normale, in grado di essere attrattiva, viva, in grado di poter ripartire da quello che aveva interrotto nella notte del 6 aprile». In corteo dietro i gonfaloni, tra gli altri, il presidente della Regione Marco Marsilio; il vicepresidente Emanuele Imprudente; il vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Santangelo; i sottosegretari Luigi D’Eramo e Lucia Albano; i parlamentari Etel Sigismondi, Guido Liris, Fabio Roscani, Gabriella Di Girolamo, Michele Fina. Con loro anche consiglieri comunali di maggioranza e opposizione, numerosi sindaci del cratere.
LE CRITICHE
La grande partecipazione da parte dei rappresentanti delle istituzioni non è stata solo interpretata come segnale di attenzione e vicinanza da parte degli enti locali e del governo. Qualcuno ha percepito non senza fastidio le “passerelle di questi giorni”, dicendosi dispiaciuto. «Partecipo da anni a questa manifestazione», spiega Federico Luppi, «perché ho perso un amico caro. Sono rimasto sorpreso dall'espressione quasi disinteressata di alcuni esponenti politici che si sono fatti vedere da queste parti nelle ultime ore». Ma il ricordo di quella notte sembra superare qualsiasi incomprensione. «Sono qui per ricordare il mio amico Luigi Cellini, morto nel Convitto Nazionale», ricorda Luigi Caldarelli di Trasacco. «Quella notte terribile successe tutto all’improvviso e non abbiamo avuto il tempo di reagire. Non doveva andare così. Ogni anno torno qui a ricordare». Aveva solo 16 anni e voleva fare il cuoco. Il suo nome è stato scandito insieme a tutti gli altri al Parco della Memoria. Poi, alle 3.32, i 309 rintocchi nel silenzio di piazza Duomo illuminato da un fascio di luce, puntato sulla luna piena.
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