montereale

Al freddo senza cibo: la prima notte dopo la grande paura

In 400 accolti nella tensostruttura sportiva di Piedicolle. Il dramma: «Non ne possiamo più. Hai sentito che scossa?»

MONTEREALE. Il fruttivendolo di Montereale davanti al negozio chiede ai compaesani che scendono in strada con le buste piene di beni di prima necessità, se vogliono della frutta della sua bottega di via Nazionale. Ha il cappuccio della giacca tirato fin sugli occhi, ma il sorriso che riscalda il cuore in questo scenario surreale in cui la natura sembra si voglia rivoltare contro gli abitanti di quella che i sismologi definiscono la «struttura sismo-genetica» che da Pizzoli a Montereale trema da 5 mesi ininterrottamente.

Montereale è irriconoscibile sotto la neve. Perdi l’orientamento anche se la conosci bene: sai che al bivio a sinistra della Nazionale c’è il bar dove d’estate ti fermi per un caffè quando arrivi in bici. Sai che sopra alla salita, prima del 24 agosto, c’era il municipio, adesso inagibile e trasferito.

Sulla strada centrale le botteghe con i loro colori e profumi tipici sono chiuse. Adesso l’unico colore è il bianco della neve e l’unico sentimento di cittadini e amministratori, è la paura. I privati mettono a disposizione i mezzi che hanno: pale, trattori, bobcat. Mentre i tecnici del Coc (il centro operativo comunale per le emergenze) controllano lo stato degli edifici, la gente si dirige nell’unico posto che in un raggio di chilometri si possa dire sicuro: la tensostruttura sportiva di Piedicolle, in grado di ospitare 400 posti letto.

«Assessore grazie, lei e tutti gli altri siete dei santi»: la frase che Giovanna Pantaleo, la fiorista rivolge all’assessore all’Ambiente, Carlo Marini, è la stessa che si sente da più parti. In un angolo il forno Baiocco ha accatastato, diversi filoni di pane e la sua saporita pizza ai cinque cereali. Arrivano i primi pasti: un piatto di pasta al pomodoro che cade dalle mani degli anziani che si stanno portando alla bocca la prima forchettata per la scossa di 5.0 delle 14,33.

Sotto i piedi la terra, in realtà, non ha mai smesso di ballare. Arriva come una pugnalata, la tensostruttura trema come se l’epicentro fosse al di sotto, la gente spalanca le braccia a mo’ di equilibrio. Grida, pianti, telefoni di nuovo in tilt. L’epicentro non è qui: è a Pizzoli, ma ormai lo stress è tale che qualcuno perde l’autocontrollo. Una donna grida senza avere un reale interlocutore: «Non ne possiamo più. Hai sentito che scossa? Ne hanno fatte 4, 5 tutte di questa entità». Ma le operazioni, sotto la neve che non cessa di scendere, non si possono fermare e il vicesindaco Berardino Marchetti alla guida di una ruspa intanto libera dal metro e mezzo di neve che lo ostruiva la via d’accesso alla tensostruttura.

Arrivano alla spicciolata anziani sorretti sottobraccio o trasportati sulle sedie, i bambini entrano con i loro giochi. Il sindaco Massimiliano Giorgi non si vede da ore: si sa, però, che è potuto uscire di casa grazie all’intervento della Forestale.

A preoccupare, con il pomeriggio che avanza e quindi anche il buio, sono le frazioni: crolli ad Aringo, a Paganica di Montereale e in chissà quanti altri posti, visto che Santa Lucia, la stessa Paganica, e poi Verrico, Castiglione e Ville di Fano sono isolate dalla neve.

Neve e terremoto, una morsa infernale. Nella frazione di Cesaproba la tensostruttura allestita per le emergenze è crollata sotto la neve. Non ci sono notizie delle centinaia di coperte chieste alla Protezione civile regionale e tanti anziani, nelle 32 frazioni, non possono stare all’addiaccio. La Rsa di Montereale. Tutt’intorno mezzi dei carabinieri, dei vigili del fuoco, della forestale, della Protezione civile.

Tornare all’Aquila è come lasciare una paura per andare ad abbracciarne un’altra. Avevamo lasciato la città alle 11 con decine di auto sulla Statale 80 vaganti senza meta, madri con bambini per mano e padri a fare rifornimento ai distributori di benzina. Torniamo trovando le strade deserte e i negozi chiusi per la paura e per un altro scherzo del destino: le scorte alimentari sono finite, causa maltempo.

Marianna Gianforte