ALLA CASSA

12 Maggio 2013

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Sono qui che, trascinata dalla fila ordinata, attendo il mio turno per pagare alla cassa self-service del Supermercato. Al solito, man mano che mi avvicino entro in ansia da prestazione: ce la farò o m’incarterò come quasi sempre accade?

Dalla sua postazione rialzata l’addetta al controllo segue altera le operazioni, pronta ad intervenire in soccorso degli incompetenti. Per un attimo il suo sguardo onnipotente si posa su di me, sembra riconoscermi, si anima di malcelata malizia: vediamo come te la cavi, stavolta! Il mio timore cresce a dismisura.

Cerco di concentrarmi sui gesti di chi mi precede ma, d’un tratto, la fredda cassa automatica sembra dissolversi e al suo posto, proiettata dal flusso nostalgico dei miei ricordi, appare la vecchia, rassicurante cassa del mio market di decenni fa…una vita…e dietro c’è Giovanna che batte destramente le cifre con le dita lunghe e curate che non sbagliano mai. 

Era quel tipo di market rionale dove le clienti si davano del tu con le commesse di banco e di corsia, scambiando informazioni sul tempo, la salute e la famiglia intanto che riempivano il carrello. Gli uomini, invece, azzardavano qualche commento di politica o di sport col macellaio o coi magazzinieri di passaggio. Anche se, a dire il vero, di uomini a far la spesa se ne vedevano davvero pochi all’epoca.

Poi, nelle ore in cui alla cassa c’era Giovanna, si verificava il picco dei mariti premurosi “ Ti faccio io la spesa, così ti riposi un po’” e si beccavano pure la gratitudine delle mogli, i malfidati! Centrato l’obiettivo cassa, ognuno di loro indugiava per uno sguardo di ammirazione o per una battuta; ma sempre nei limiti del rispetto. L’ing. Bini era il solo ad uscire un po’ dai ranghi della decenza ma, si sa, ad un ottuagenario di lungo corso si perdonano tante svirgolate per via del fattore età. Andava a fare la spesa lasciando la moglie invalida con la badante: un lusso per pochi, all’epoca.

“ Ciao, tettona bella!” e spalmava il torace ossuto sul ripiano della cassa, gli occhi da satiro arsurato puntati verso le gambe di Giovanna che tirava giù lesta l’orlo del camice mentre, picchiando sui tasti, si schermiva “ ma se avete in casa quella bella ragazza!”

“Bella sì, ma piatta come un’asse di legno”. Lei apriva le labbra piene sui denti di perla facendo trillare il suo riso contagioso e scuoteva la testa, lasciando ondeggiare i lunghi capelli ricci color ebano. Ma lui rilanciava, indomito “con gli occhi verdi e la coscia lunga che ti ritrovi dovresti fare l’attrice o l’indossatrice”

“ Gesù, ma che vi viene in mente, ma se tengo marito e pure due bambini! E poi già ve l’ho detto: mi piace la vita semplice!” e via così ogni volta. Io, anonima e incolore allora come adesso, seguivo le schermaglie divertendomi un mondo e avendo la Giovanna in gran simpatia. Di colpo un bel giorno lei sparì (pare che il marito non volesse più farla lavorare) e tutta la clientela maschile sparì di conseguenza, l’ing. Bini in primis. Del resto, poiché la badante piatta si era trovato un marito italiano era arrivata una sostituta, questa volta ben dotata di materiale da sbirciare (e possibilmente tastare) a domicilio. Una vita fa, dicevo; ora ci sono più badanti che anziani da accudire e miriadi di centri commerciali che hanno soppiantato i vecchi market. E, per giunta, è arrivato il mio turno alla cassa self-service: allertata, l’addetta posa un piede a terra, pronta a venirmi in soccorso.

Stavolta devo farcela! Inizio l’operazione ma, purtroppo, dopo i primi passaggi puntualmente m’incarto.

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