«Attratti da prede e abbandono dei campi»
Le cause spiegate da Angelucci, il responsabile del Servizio veterinario del Parco della Maiella
SANT’EUSANIO DEL SANGRO. Dottor Simone Angelucci, responsabile del Servizio veterinario del Parco della Maiella, che cosa sta succedendo? É normale questa presenza dei lupi così a valle?
«I lupi qui non vivono di animali domestici se non di predazioni occasionali favorite dal contesto. E poi non sono i lupi che scendono a valle: questi sono dappertutto perché oggi ci sono le condizioni che 50 anni fa non avevano: la presenza di un territorio disponibile e di prede. Il territorio disponibile è dato dall’abbandono graduale delle campagne che interessa anche la collina e la costa, e la presenza di prede come i cinghiali li spinge in tutti i siti dove hanno trovato aree disponibili».
Com’è accaduto di recente a Vasto-San Salvo e anche a Casalbordino...
«Certo. Sono località marittime ma dopo la costa, venendo verso l’interno, ci sono due file di palazzine, la statale, la ferrovia e poi il nulla con le campagne abbandonate, un fatto questo esteso anche in pianura e in collina. I fossi ricchi di vegetazione in abbandono registrano la presenza di moltissimi cinghiali e di altre prede disponibili per i lupi. Quando poi nei territori i lupi inglobano anche i centri abitati, possono occasionalmente predare anche altri animali domestici come cani e gatti, cosa che si sta verificando in diversi comuni di fascia pedemontana e collinare».
Ciò porta a un cambio di prospettiva allora...
«C’è la necessità di organizzare una strategia di convivenza. La Regione Abruzzo lo ha fatto tramite noi per quanto possibile. Abbiamo firmato anche una convenzione per la cattura dei primi due lupi aggressori in Italia come a Otranto e a Vasto-San Salvo. Quindi interveniamo anche fuori dal parco, ci muoviamo sui casi critici».
Quindi ciò che è accaduto a Sant’Eusanio del Sangro mi pare di capire che non rappresenti al momento un caso critico.
«Infatti non lo è: si tratta di un evento di predazione normale, per quanto possa essere spiacevole per l’allevatore, ma è una cosa che ogni tanto si può registrare e per la cui prevenzione bisognerebbe analizzare il singolo caso. Quello che manca al di fuori dai Parchi è il sistema di indennizzo che non è sufficiente. La Regione si deve ancora adeguare: i danni fuori dal Parco vengono pagati dopo due anni e con poca roba. Nei Parchi, invece, siamo più veloci e gli allevatori non sono in conflitto».
Dottor Angelucci, quali sono le prede principali dei lupi, da ciò che avete studiato nel Parco della Maiella?
«Sono cinghiali, cervi e caprioli. Nel nostro Parco l’analisi della dieta del lupo ci ha portato ad accertare che il cinghiale va dal 65 all’85%, il capriolo al 15% e così anche il cervo. Un dato particolare è che nessuno dei nostri branchi ha come frequenza nella dieta più del 5% di animali domestici. Vuol dire che chi determina la sopravvivenza del lupo sono prevalentemente i cinghiali. Certo, ciò non vuol dire che i lupi non predino gli animali domestici, ma si rivolgono a loro quando sono preda facile: cioè non sono sottoposti a rischi nella cattura, c’è un ottimo rapporto tra lo sforzo e le energie spese per la cattura e il ritorno sugli investimenti fatti in quella predazione. Se lei lascia un gruppo di pecore senza custodia, è facile che queste vengano predate. Abbiamo allevamenti mai predati nonostante siano vicini alle tane dei lupi: se c’è un numero di cani da guardiania costantemente controllato dai pastori e con ricoveri sicuri con i cani, le pecore non vengono predate». (r.o.)
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