Autovelox, la Cassazione dà ragione ai cittadini: non omologato non vale

I supremi giudici: non basta che l’apparecchiatura sia approvata. Globo consumatori: è un punto fermo sulla legittimità delle multe
PESCARA. L’autovelox approvato, ma non omologato, è da considerarsi illegittimo. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza dello scorso 1° ottobre in risposta al ricorso presentato da un automobilista, condannato invece dal tribunale di Pescara a pagare la multa rimediata lungo la statale 153 di Bussi, dopo essere incappato nel contestatissimo autovelox al km 780.
Un’ordinanza importante secondo l’associazione nazionale Globo consumatori che rispetto all’esito del ricorso presentato dal privato cittadino puntualizza: «Questo orientamento granitico della giurisprudenza fornisce uno strumento di difesa inequivocabile per gli automobilisti che si trovano di fronte a multe generate da apparecchiature non pienamente a norma». E aggiunge anche: «La sentenza è il rafforzamento di un principio di diritto chiaro: l’approvazione non può surrogare la necessaria omologazione ministeriale».
E questo, per la stessa associazione, «mette un punto fermo sulla legittimità delle multe elevate tramite autovelox, offrendo un appiglio legale sempre più solido a migliaia di automobilisti: per essere considerato a norma, e quindi per poter legittimamente sanzionare gli eccessi di velocità, un dispositivo di rilevamento elettronico deve aver completato il processo di omologazione».
In sostanza, la Cassazione chiarisce che “approvazione” e “omologazione”, spesso usati come sinonimi in questo contesto, rappresentano due procedure giuridiche e tecniche distinte. I supremi giudici hanno infatti spiegato che il procedimento di approvazione costituisce un passaggio preliminare, ma che serve come base per poter poi procedere alla successiva omologazione. Ma, come precisa il presidente dell’associazione Mario Gatto, «l’unico ministero che può provvedere all’omologazione di apparecchiature di pesi e misure, com’è l’autovelox, è l’ex ministero dello Sviluppo economico, l’attuale ministero del Made in Italy. Ma sulla questione c’è un vuoto legislativo di 33 anni, motivo per cui ad oggi manca il regolamento di attuazione dell’omologazione». Ma, ribadisce Gatto, «resta il fatto che per la delicatezza della sua funzione, che incide sulla libertà di circolazione e sul patrimonio dei cittadini, l’autovelox necessita del sigillo finale dell’omologazione», e a prevederlo è l’articolo 142 del codice della strada.
Va però detto che se questa ordinanza fornisce uno strumento di difesa inequivocabile per i cittadini, c’è però la beffa che non è retroattiva, e quindi non vale per chi non ha presentato ricorso entro i termini previsti. Perché una cosa è chiara, sottolinea Gatto: «Così com’è impostata la legge, non è che la pubblica amministrazione non può utilizzare un autovelox non omologato, lo può utilizzare. Ma se poi il cittadino fa ricorso, sapendolo impostare, lo vince», soprattutto dopo questa nuova sentenza della Cassazione che ribalta quanto sostenuto dai giudici di secondo grado del tribunale civile di Pescara a cui si era rivolto il cittadino dopo aver perso anche davanti al giudice di pace. Per questi ultimi, l’apparecchio elettronico, pur non essendo omologato, era stato approvato dal ministero delle Infrastrutture e questo bastava, secondo l’articolo 192 del codice della strada per cui la più rigorosa omologazione sarebbe stata necessaria «solo per i dispositivi con caratteristiche fondamentali e prescrizioni particolari imposte dal regolamento stesso». Per la Cassazione non è così. Gli automobilisti, e i Comuni, ora lo sanno.
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