Balneatori: 1,2 milioni di tasse da pagare

Gli stabilimenti condannati a versare gli arretrati del canone per l’occupazione del suolo con sanzioni e spese legali

PESCARA. Dopo il mare inquinato e la sentenza della Corte di giustizia europea che impone la messa all’asta delle concessioni balneari, un’altra tegola si è abbattuta sugli stabilimenti del capoluogo adriatico. Il tribunale di Pescara ha rigettato il ricorso presentato da cinque balneatori per contestare gli avvisi inviati dal Comune per richiedere il pagamento dei canoni di occupazione del suolo pubblico arretrati, cioè dal 2009 al 2015 con importi da 30.000 fino a 260.000 euro. Più precisamente, l’occupazione di una parte del marciapiedi della riviera con tende, dehors, gazebo, tavoli e sedie. Le società che hanno fatto ricorso e che hanno perso in tribunale sono Saturno, Vecchio lido di Riccardo Ciferni, Zhu Jian Wen del ristorante cinese Shangai, Pajar di Domenico Pagliari titolare di Apollo, Sirenetta di Maurizio Zuccarini.

Si tratta di una stangata pesantissima, perché venti stabilimenti, tutti ubicati sulla riviera nord, dovranno versare circa 1,2 milioni di euro, secondo un calcolo approssimativo dell’amministrazione comunale. Sono, per la precisione, gli stessi stabilimenti che avevano ricevuto negli anni passati i solleciti per il pagamento sempre del canone arretrato, cioè la famigerata Cosap, relativo ai periodi dal 2003 al 2009. I titolari delle concessioni balneari, anche allora, avevano fatto causa al Comune contestando le richieste. Ne è nato un contenzioso legale e in tutti i gradi di giudizio i balneatori hanno perso. Alcuni hanno proseguito l’iter fino in Cassazione perdendo anche lì, altri si sono decisi a pagare magari rateizzando l’importo dovuto. Allora la somma complessiva da versare al Comune arrivava fino a 900mila euro. Ora, il problema si è ripresentato per gli anni successivi al 2009 e l’importo totale dovrebbe essere maggiore. Lo scontro tra balneatori e Comune nasce da una diversa interpretazione dell’imposta da pagare. In sostanza, gli stabilimenti sostengono di non dover versare la Cosap al Comune per l’occupazione del marciapiedi, in quanto già pagano per lo stesso tratto un canone al Demanio. Ma anche il tribunale di Pescara, nelle ultime sentenze emesse nell’aprile scorso, dà torto ai balneatori.

«È irrilevante la natura o meno demaniale del bene», hanno scritto i giudici, «il lungomare di Pescara, strada sicuramente urbana da qualificare, per l’esattezza strada urbana di quartiere, è soggetto a tassa di occupazione del suolo pubblico». Ma le brutte notizie non finiscono qui, perché i balneatori che hanno fatto causa, oltre alla tassa arretrata, alle sanzioni e agli interessi, dovranno pagare anche le spese processuali per intero al Comune e al concessionario della riscossione Aipa: 10.000 euro, più Iva per Saturno, Vecchio lido, Zhu Jian Wen e Pajar; 16.000 euro più Iva, per la Sirenetta.

©RIPRODUZIONE RISERVATA