Bombarolo in fuga, localizzato il cellulare a Chieti Scalo

15 Gennaio 2013

Si stringe il cerchio intorno al 58enne ricercato per tentata strage. E intanto spunta un complice

PESCARA. Si stringe il cerchio intorno a Roberto Di Santo, ricercato dall’alba di martedì 8 gennaio con l’accusa di tentata strage. Dopo quasi una settimana di ricerche serratissime da parte dei carabinieri del comando provinciale di Pescara diretto dal colonnello Marcello Galanzi, iniziano ad arrivare i primi riscontri tecnici: il telefonino di Di Santo sarebbe infatti stato localizzato nella zona di Chieti Scalo.

Un tassello importante, ma non decisivo ai fini del ritrovamento dell’uomo: è possibile, infatti, che Di Santo si sia disfatto del suo telefono cellulare già da qualche giorno, e che dunque sia distante dall’apparecchio. D’altro canto, però, questo dettaglio, non di poco conto, avvalorerebbe l’ipotesi iniziale degli investigatori secondo cui Di Santo, per motivi economici ma anche strategici, non si sia spostato di molto dai luoghi che meglio conosce. Vale a dire la provincia di Chieti, e in particolare Chieti Scalo, dove era solito gravitare alla ricerca di lavoro (è un bravo artigiano impiantista). Pur essendo originario di Roccamontepiano, è proprio a Chieti, a casa del padre Michele, che l’uomo andava a dormire fino a un mese e mezzo fa, quando ha iniziato la ristrutturazione dell’appartamento acquistato dalla sorella in una trifamiliare a Villanova di Cepagatti, la villetta dove Di Santo ha dato inizio alla sua follia incendiando l’auto dei vicini e poi facendo ritrovare l’ordigno che, allestito nell’appartamento al piano terra, se innescato avrebbe fatto saltare in aria moglie, marito e il loro bambino di 5 anni.

Ma, ed è anche su questo che stanno lavorando gli investigatori, è davvero possibile che abbia fatto tutto da solo? Nel videomessaggio fatto trovare agli investigatori nel cancello di via Piemonte mentre l’auto dei vicini andava a fuoco, si intravede un’ombra: gli investigatori stanno cercando di capire se sia l’ombra di qualcuno che sta riprendendo Di Santo che parla, oppure se sia un riflesso dello stesso Di Santo. Ma poi ci sarebbero le testimonianze dei vicini che, sin dal primo intervento dei carabinieri, avrebbero riferito di aver visto andare via in contemporanea i due mezzi di Di Santo, la Toyota Starlet poi bruciata due giorni dopo davanti al Tribunale di Chieti e il camper su cui si era accampato in giardino durante la ristrutturazione dell’appartamento, e a bordo del quale è nascosto da qualche parte. D’altra parte anche il suo blitz di giovedì scorso davanti al Tribunale di Chieti, si spiegherebbe meglio ipotizzando la collaborazione di qualcuno che condivide le idee «rivoluzionarie» di Di Santo e che, una volta che l’uomo ha raggiunto piazza San Giustino con la sua Toyota, e gli ha dato fuoco, lo avrebbe riaccompagnato fino al camper bianco e verde, nascosto chissà dove, ma certamente non molto lontano da Chieti.

Di certo i carabinieri, coordinati dal pm Silvia Santoro stanno lavorando senza lasciarenulla di intentato. Comprese le segnalazioni che stanno arrivando in questi giorni da parte dei cittadini, soprattutto nella zona della provincia di Chieti. Avvistamenti del camper che però, finora, non hanno dato riscontri. Ma le ricerche vanno avanti: giovedì scade l’ultimatum di Di Santo che nel video dell’8 gennaio promette di consegnarsi entro dieci giorni.

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