Cade l’impero della droga, nei guai una famiglia pescarese: vita agiata e auto di lusso, ma con la casa popolare

L’inchiesta di Pescara. Tanto benessere ma con un reddito pari allo zero: così per oltre dieci anni sono andati avanti gli affari in città della famiglia di origine serba
PESCARA. Macchine di lusso, oro e gioielli, terreni e maxi appartamenti per quasi un milione di euro, ma con un reddito dichiarato pari allo zero. Tanto che uno di loro viveva in un alloggio popolare di via Rigopiano, vicino all’ospedale. All’alba di ieri mattina, l’impero è crollato. “Game over” è il nome della maxi operazione eseguita dal personale della Divisione anticrimine della Questura di Pescara, insieme al nucleo di Polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle, con il supporto della squadra Mobile e del Reparto di prevenzione crimine. Il decreto, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale dell’Aquila, ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo di tutti i beni immobili, quote societarie e patrimoni aziendali della famiglia. E il commercio dello spaccio, attività base che gli permetteva quel tenore di vita, non si è fermato neppure ieri mattina davanti alla notifica di sequestro: per uno di loro è scattato l’arresto per spaccio, dopo che è stato trovato in possesso di quasi 30 grammi di cocaina, già suddivisa in dosi, e 8mila euro in contanti.
IL PATRIMONIO MILIONARIO Nullatenenti per il fisco, ma nella vita reale con un patrimonio milionario e un tenore di vita che poco ha a che fare con una famiglia con il reddito pari quasi allo zero. E per il fisco la loro condizione gli permetteva anche di avere accesso ad una casa popolare, passando davanti alla lunga lista di attesa di famiglie in difficoltà. Sono otto le auto sequestrate, alcune di queste intestate a parenti vicini, come la Porsche. Tra gli altri modelli c’erano due Fiat, una Opel Antara, due Mercedes, una Wolkswagen e un’Alfa Romeo. Con i proventi della droga anche l’acquisto di appartamenti e fabbricati, molti dei quali intestati a parenti stretti. È il caso del fabbricato di via Tirino e dell’appartamento in via Monte Faito. Alla donna 26enne, invece, la famiglia aveva intestato appartamenti e fabbricati in strade Colle Marino e anche un frutteto a Torrevecchia Teatina. Ad uno dei figli, invece, il fabbricato di via Salara Vecchia. Riconducibili alla famiglia serba anche tre società che gestivano negozi di abbigliamento e alimentari. Tra questi il ristorante Fatima Istanbul Doner Kebab in corso Vittorio Emanuele, che gestiva con un figlio anche la società Logan srls che aveva la pizzeria “Topolino” di via Tirino.
SCONOSCIUTI AL FISCO «Senza riscontri cartacei, gli invisibili hanno gioco facile e possono muoversi con grande velocità e abilità», commenta il questore Carlo Solimene che fa delle misure di prevenzione «una bandiera a tutela dei cittadini». «Le azioni di contrasto, tempestive e congiunte con gli altri organi di polizia, consentono di interrompere flussi di denaro e scambi societari», prosegue Solimene che ha avanzato la proposta del sequestro dei beni ai fini della confisca, come previsto dal Codice antimafia. I dati raccolti, insieme alla progressione criminosa della famiglia, hanno portato gli investigatori davanti «ad un’articolata organizzazione criminale», dice la dirigente della divisione polizia Anticrimine, Ester Fratello, insieme al sostituto commissario Cinzia Di Cintio. Tra i campanelli d’allarme, «pericolosità sociale, sproporzione e riconducibilità di beni che non trovano coerenza con i redditi dichiarati», dice il colonnello Giuseppe Pastorelli, al comando del Nucleo di polizia economica finanziaria, insieme al comandante del gruppo tutela economica Fabio Felice Innamorati. Gli investigatori sono andati a ritroso di oltre dieci anni nei conti bancari della famiglia. Tra questi uno estero, unico a registrare movimenti che poi sparivano nel giro di poche ore. Cade così l’impero costruito nell’ombra con i proventi della droga, ma esibito alla luce del sole tra lusso e ostentazione.