«Calci, pugni e minacce se parlavo mi uccidevano»

15 Novembre 2024

Il cameriere aggredito e pedinato nelle vie del centro riconosce i volti dei bulli  «Mi picchiavano e gettavano l’acqua addosso, mi hanno reso la vita un inferno»

PESCARA. «Mi gettano addosso l’acqua, mi chiedono soldi, mi stanno rendendo la vita un inferno». Mentre ha raccontato ai poliziotti della squadra mobile quei momenti di paura, il giovane cameriere di un locale di via Cesare Battisti aveva davanti le foto dei suoi aggressori che nell’arco di due settimane gli hanno sconvolto la quotidianità, tanto da vivere in un continuo regime di terrore e ansia e cambiare le sue abitudini. Il giovane ha riconosciuto i loro profili e ricordato chiaramente violenze, percosse e pesanti aggressioni subite in una escalation di episodi che parte dallo scorso 3 agosto. Schiaffi, calci e mani addosso a lui e anche alla sua famiglia: gli aggressori si erano accaniti anche contro la cugina del cameriere, mettendole le mani al collo. Così, ha raccontato anche davanti agli inquirenti, la ragazza ha temuto per una aggressione sessuale.
Il ragazzo aveva appena finito il turno di lavoro in un ristorante di via Cesare Battisti, quando gli egiziani lo hanno braccato per la prima volta. «Mi circondavano e iniziavano a darmi dei colpi sul volto e sul corpo», racconta il ragazzo che ha cercato la fuga dirigendosi verso la stazione centrale. «Ma nella fuga notavo che il gruppo di extracomunitari mi stava seguendo, alcuni di loro utilizzavano dei monopattini». Il ragazzo, in cerca di un aiuto, si era fermato vicino allo stallo dei taxi. «Ho chiesto ai ragazzi per quale motivo mi stessero seguendo e che se non mi lasciavano andare avrei chiamato la polizia». Ma l’avvertimento non ha spaventato la banda che lo ha iniziato a prendere a calci e pugni. È stato l’intervento di un tassista che si trovava a passare in zona a mettere fine a quelle scene di violenza.
La banda criminale girava per il centro cittadino armata spesso di mazze in legno e coltelli: gli stessi usati ancora una volta per aggredire il giovane, due notti dopo la prima aggressione dello scorso 3 agosto. «Aveva una lama di circa 25 centimetri e il manico di legno», racconta il cameriere alla polizia, «mi minacciava dicendo che non dovevo stare più a Pescara e ha estratto il coltello». Anche questa volta ad evitare il peggio era stato un momento di distrazione della banda, così il ragazzo si è messo in fuga. Ma per poco. La banda lo ha inseguito fino a piazza Salotto e picchiato, ancora una volta. Il cameriere aveva provato più di una volta ad avvisare le forze dell’ordine: uno degli aggressori gli ha strappato il telefonino dalle mani e chiesto dieci euro in cambio per riaverlo. Così come per le altre vittime prese di mira dalla banda, gli aggressori perseguitavano e minacciavano continuamente le vittime. «Se ci denunci, uccidiamo te e la tua famiglia». Uno dei pesanti avvertimenti che la banda aveva detto al cameriere, mentre lo tenevano spalle al muro e minacciavano con un coltello.
Ma non è passato molto per prendere di mira anche i familiari, rintracciati il giorno di Ferragosto mentre passeggiavano nei dintorni della Nave di Cascella con la vittima ormai allo stremo. «Sono stato fermato dal solito gruppo di egiziani e tunisini», racconta la vittima riferendosi a quel giorno in cui era in compagnia delle cugine, «mi hanno afferrato alle spalle e con fare ironico mi hanno detto che sono un loro amico. Visti i trascorsi mi sono sentito in pericolo, quindi insieme a mia cugina mi sono allontanato e seduto su una panchina». Ma la banda lo aveva seguito. «Mentre stavo chiacchierando con mia cugina ho sentito un forte colpo alla schiena dato da un calcio. Mi sono voltato e ho riconosciuto l’autore come uno del gruppo che poco prima mi aveva fermato alla Nave di Cascella». Ben più grave l’episodio accaduto davanti a uno dei lidi più frequentati della riviera, quando la ragazza si è vista uno degli aggressori della banda, 19 anni egiziano, piombare davanti: le ha messo le mani al collo e minacciata. La ragazza, anche lei chiamata in questura per testimoniare, ha riconosciuto il volto dei criminali, raccontando di aver temuto per un’aggressione sessuale.
Minacce e percosse simili hanno visti vittime anche altri cittadini, a volte semplici passanti della zona centralissima di Pescara. Come un giovane ragazzo ucraino: su di lui le percosse sono iniziate già a fine luglio quando si trovava in uno stabilimento balneare vicino alla rotonda Paolucci. Poi, stessa violenza, è accaduta i primi agosto nel parchetto delle Naiadi. La banda criminale, in cui spuntano sette indagati e anche due minori, è ora sotto accusa per i reati di estorsione, atti persecutori e, infine, associazione a delinquere.