CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE FORCONI

«Chi semina vento raccoglie tempesta, caro direttore, e noi di vento ne abbiamo seminato parecchio». Qualche tempo fa a Roma ho incontrato per caso un vecchio magistrato con cui avevo fatto amicizia ai tempi in cui lavoravo a Milano. Gli ho chiesto come vedeva la situazione italiana, dall’alto della sua esperienza, e la sua risposta era stata profetica: l’indignazione ha lasciato il posto alla rabbia, la prima può sfociare in qualcosa di buono, la seconda non si sa dove vada a finire, ma porta solo disastri.

Adesso sappiamo che sono gli scalmanati dei forconi a dare corpo alla rabbia degli italiani: un movimento magmatico, che sembra nato in franchising e porta in piazza slogan velenosi assieme ai tricolori. In Abruzzo, come abbiamo raccontato venerdì, i forconi sono guidati capi semi-sconosciuti: c’è la colf di Pescara, il titolare di un’armeria di Avezzano, il disc-jockey in partenza per la Corea, l’esperto di risorse idriche teramano... Molti di loro dicono di avere votato Beppe Grillo alle ultime elezioni, ma evidentemente pensano che i ragazzi a 5 Stelle non urlino abbastanza forte la disperazione che c’è in giro. E non siano abbastanza energici nel prendere a calci nel sedere chi ci comanda. Con l’aria che c’è in giro può succedere veramente di tutto e sembra di stare in quel meraviglioso film di Luigi Comencini, “Tutti a casa”, in cui allo strepitoso protagonista, Alberto Sordi, capita persino di incontrare un marinaio a cavallo.

Come uscirne? La speranza è che, con i forconi alle porte, la politica trovi finalmente la forza di auto-riformarsi e di dare un taglio netto a un apparato inutilmente costoso e improduttivo: lo sfarzo dei palazzi ormai fa a pugni con le ristrettezze in cui sono costretti milioni di italiani. Non sarebbe la panacea di tutti i mali, ma almeno il segno di un cambiamento. E soprattutto è tempo che che la si finisca con questo clima da Orazi e Curiazi, che vede l’opposizione, di qualunque colore essa sia, impegnata solo a impedire alla maggioranza di governare, con il solo risultato di avere amministrazioni impotenti e inconcludenti, sempre sul filo della caduta.

Eppure, eppure... se solo ci fosse un po’ più di umiltà in giro, l’Italia e il piccolo Abruzzo avrebbero ancora la possibilità di uscire meno malconci dalla crisi che attraversiamo ormai da sei anni. Le grandi aziende di questa regione, da Fiat-Sevel a De Cecco, da Fater a Walter Tosto, dalle farmaceutiche dell’Aquila all’Amadori, sono più vive che mai, mentre settori ritenuti a torto obsoleti, come il vino e il turismo, danno segnali di inaspettata vitalità. L’unica ricetta possibile è rimboccarsi ancor più le maniche e aiutarsi. Fare rete, fare sistema...chiamatelo come vi pare, ma va fatto, subito. Buona domenica.

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