Ciclone, il tribunale dice sì all’uso delle telefonate spiate

Fermata l’azione civile del Comune contro i sette colossi dell’edilizia
PESCARA. Ha un vincitore il primo scontro del processo Ciclone sulle intercettazioni telefoniche ed è il pm Varone. Ieri, nella seconda udienza, la difesa dell’ex vicesindaco Savini ha sollevato un sospetto: sei mesi di telefonate spiate, dal 12 aprile al 12 dicembre 2006, ma senza iscrizione sul registro degli indagati. Varone ha risposto con un fascicolo pieno di autorizzazioni e il tribunale ha bocciato l’eccezione di Savini.
Fissato il calendario: sentenza su Cantagallo il 7 dicembre prossimo. Assente l’ex sindaco Enzo Cantagallo (presente all’udienza di avvio del 27 aprile scorso), ieri, è stato il giorno del primo attacco a testa bassa alle intercettazioni telefoniche, architrave del processo Ciclone. Un attacco respinto dal pm Gennaro Varone. Come? Riprendendo, da un carrello pieno di faldoni, il fascicolo con i decreti di autorizzazione delle intercettazioni e le proroghe dell’indagine.
Così il pm ha sciolto il dubbio sollevato dalla difesa dell’ex vicesindaco Marco Savini: nell’aula 1 del tribunale di Pescara, gli avvocati Guglielmo Marconi e Sergio Della Rocca hanno presentato un’eccezione sulla durata delle indagini con l’obiettivo di cancellare sei mesi di intercettazioni. Questo il sospetto della difesa: Savini è stato ascoltato dal 12 aprile al 12 dicembre del 2006 senza essere prima iscritto sul registro degli indagati. Ma Varone ha liquidato la tesi della difesa in un minuto - «Savini è stato indagato fin dal 27 aprile 2006, ecco le carte» - e il tribunale gli ha dato ragione. Nella prossima udienza del 15 giugno comincerà la passerella dei testimoni dell’accusa, a cominciare dagli investigatori della squadra mobile.
Nelle successive udienze (29 giugno, 13 luglio, 28 settembre, 12 e 26 ottobre, 16 e 30 novembre, 7 dicembre) Varone interrogherà nove imputati ma non Cantagallo: l’imprenditore Vincenzo Duilio Ferretti, il geometra comunale Alfonso Di Cola, l’ex capo di gabinetto Lamberto Di Pentima, gli ex assessori Paolo Di Blasio, Guglielmo Di Febo e Attilio Vallescura, il sostituto commissario della polizia Salvatore Colangelo, il costruttore Enio Chiavaroli e il bancario Angiolo Barneschi.
Al termine di più di due ore di camera di consiglio, il giudice Carmelo De Santis ha deciso anche che il Comune non può costituirsi parte civile contro le imprese coinvolte nel procedimento (Alet di Chiavaroli, Cdc di Giuseppe Di Pietro, Prisma costruzioni di Massimiliano Centorame, Camel di Antonio Camperchioli, Atlante costruzioni di Vladimiro Lotorio, Parco Alto di Enzo Perilli e Bitondo Alberto snc).
Una decisione accolta con un sorriso da Lotorio, ex capogruppo della Margherita tra il 2004 e il 2006: «Soddisfatto? Abbastanza», ha detto Lotorio, «perché è stata applicata la legge». Da ieri, invece, è parte civile contro gli ex assessori Di Blasio e Di Febo l’imprenditore di Spoltore Bruno Chiulli: il titolare della ditta del verde Green Service ritiene di essere stato ricattato e costretto a pagare 15 mila euro a Di Febo per evitare ritorsioni nei pagamenti dal Comune e a concedere subappalti per altri 13 mila euro a una ditta di Spoltore vicina a Di Febo, la Vivere nel verde. Per Chiulli, Di Blasio gli ha chiesto 1.375 euro per l’acquisto di schede telefoniche e, in più, altri 842 e poi 758 euro per comprare del cibo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fissato il calendario: sentenza su Cantagallo il 7 dicembre prossimo. Assente l’ex sindaco Enzo Cantagallo (presente all’udienza di avvio del 27 aprile scorso), ieri, è stato il giorno del primo attacco a testa bassa alle intercettazioni telefoniche, architrave del processo Ciclone. Un attacco respinto dal pm Gennaro Varone. Come? Riprendendo, da un carrello pieno di faldoni, il fascicolo con i decreti di autorizzazione delle intercettazioni e le proroghe dell’indagine.
Così il pm ha sciolto il dubbio sollevato dalla difesa dell’ex vicesindaco Marco Savini: nell’aula 1 del tribunale di Pescara, gli avvocati Guglielmo Marconi e Sergio Della Rocca hanno presentato un’eccezione sulla durata delle indagini con l’obiettivo di cancellare sei mesi di intercettazioni. Questo il sospetto della difesa: Savini è stato ascoltato dal 12 aprile al 12 dicembre del 2006 senza essere prima iscritto sul registro degli indagati. Ma Varone ha liquidato la tesi della difesa in un minuto - «Savini è stato indagato fin dal 27 aprile 2006, ecco le carte» - e il tribunale gli ha dato ragione. Nella prossima udienza del 15 giugno comincerà la passerella dei testimoni dell’accusa, a cominciare dagli investigatori della squadra mobile.
Nelle successive udienze (29 giugno, 13 luglio, 28 settembre, 12 e 26 ottobre, 16 e 30 novembre, 7 dicembre) Varone interrogherà nove imputati ma non Cantagallo: l’imprenditore Vincenzo Duilio Ferretti, il geometra comunale Alfonso Di Cola, l’ex capo di gabinetto Lamberto Di Pentima, gli ex assessori Paolo Di Blasio, Guglielmo Di Febo e Attilio Vallescura, il sostituto commissario della polizia Salvatore Colangelo, il costruttore Enio Chiavaroli e il bancario Angiolo Barneschi.
Al termine di più di due ore di camera di consiglio, il giudice Carmelo De Santis ha deciso anche che il Comune non può costituirsi parte civile contro le imprese coinvolte nel procedimento (Alet di Chiavaroli, Cdc di Giuseppe Di Pietro, Prisma costruzioni di Massimiliano Centorame, Camel di Antonio Camperchioli, Atlante costruzioni di Vladimiro Lotorio, Parco Alto di Enzo Perilli e Bitondo Alberto snc).
Una decisione accolta con un sorriso da Lotorio, ex capogruppo della Margherita tra il 2004 e il 2006: «Soddisfatto? Abbastanza», ha detto Lotorio, «perché è stata applicata la legge». Da ieri, invece, è parte civile contro gli ex assessori Di Blasio e Di Febo l’imprenditore di Spoltore Bruno Chiulli: il titolare della ditta del verde Green Service ritiene di essere stato ricattato e costretto a pagare 15 mila euro a Di Febo per evitare ritorsioni nei pagamenti dal Comune e a concedere subappalti per altri 13 mila euro a una ditta di Spoltore vicina a Di Febo, la Vivere nel verde. Per Chiulli, Di Blasio gli ha chiesto 1.375 euro per l’acquisto di schede telefoniche e, in più, altri 842 e poi 758 euro per comprare del cibo.
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