Contagiati sul lavoro: cosa fare

21 Novembre 2020

Serve innanzitutto il certificato medico per ottenere la tutela previdenziale, ecco i casi previsti

L’AQUILA. Come gestire la malattia di un dipendente affetto da Covid? Quali sono le differenze tra quarantena e isolamento e in quali casi i contributi previdenziali continuano ad essere versati? Il decreto dello scorso marzo del Governo ha disposto l’equiparazione della quarantena alla malattia, ai fini del trattamento economico. In entrambi i casi, scatta per il lavoratore l’obbligo di presentare il certificato medico. A chiarire molti aspetti è un approfondimento della Fondazione studi Consulenti del lavoro, che ha elaborato un documento con le indicazioni sull’iter procedurale che deve essere seguito, da dipendenti e aziende, nelle varie casistiche legate all’emergenza coronavirus.
TRATTAMENTO ECONOMICO. Essendo quarantena e malattia equiparate, per quanto riguarda la contribuzione dei lavoratori, in entrambi i casi sussiste l’obbligo di presentare il certificato medico.
Con un messaggio del 24 giugno scorso, l’Inps ha fornito le indicazioni per la gestione delle certificazioni di malattia e della documentazione sanitaria che devono produrre i lavoratori per vedersi riconosciuta la tutela previdenziale a carico dell’Inps.
QUARANTENA E ISOLAMENTO. Ma entriamo nel dettaglio. Qual è la differenza tra quarantena e isolamento? Quest’ultimo è obbligatorio nei casi di infezione accertata da Covid-19, per tutta la durata del periodo di contagiosità, per prevenire la trasmissione dell’infezione. La quarantena, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane, per la durata del periodo di incubazione, che potrebbero essere state contagiate, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi. La quarantena con sorveglianza attiva viene disposta per chi ha avuto contatti stretti con malati di Covid, mentre l’isolamento fiduciario con sorveglianza attiva riguarda i soggetti che rientrano in Italia da zone a rischio epidemiologico.
ITER DA SEGUIRE. I certificati sanitari che attestano il periodo di quarantena con sorveglianza attiva debbono essere validati dalla Asl che, contestualmente, inserisce i dati del lavoratore nella piattaforma che gestisce i codici personali inserendo, se mancano, altri documenti da richiedere al lavoratore. Per riconoscere la tutela previdenziale a malattie occorre il certificato medico, che deve essere redatto sin dal primo giorno di assenza dal lavoro: il medico, oltre a riportare nel certificato la diagnosi dettagliata, deve indicare anche il periodo di quarantena.
MALATTIA ACCERTATA. In caso di malattia conclamata da Covid-19, il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato dal proprio medico curante senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica. Si applica, pertanto, la stessa procedura che prevede la gestione della malattia comune che viene riconosciuta anche ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, sulla base della specifica normativa di riferimento.
LAVORATORI FRAGILI. Come precisato nella circolare interministeriale del ministero della Salute e del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 4 settembre scorso, il concetto di fragilità va individuato «in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore o della lavoratrice, rispetto alle patologie preesistenti, che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto».
L’età, come singolo parametro, anche sulla base delle evidenze scientifiche, non costituisce un elemento sufficiente per definire lo stato di fragilità.
INFEZIONI COVID SUL LAVORO. Nei casi accertati di Covid-19 contratti sul posto di lavoro, le prestazioni sono di competenza dell’Inail, compreso il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato, con la conseguente astensione dal lavoro, anche se il contagio è stato accertato successivamente.
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