Corso Vittorio pedonale Zazzara punge Foschi

2 Gennaio 2013

PESCARA. L’architetto e docente universitario Lucio Zazzara riattizza la polemica con il Comune sulla pedonalizzazione di corso Vittorio Emanuele II. E lo fa rispondento ad Armando Foschi, presidente...

PESCARA. L’architetto e docente universitario Lucio Zazzara riattizza la polemica con il Comune sulla pedonalizzazione di corso Vittorio Emanuele II. E lo fa rispondento ad Armando Foschi, presidente della commissione Lavori pubblici che aveva stigmatizzato le sue critiche. Zazzara aveva paragonato il corso pedonale alla corsia d’emergenza dell’autostrada .

«Se Foschi rappresenta l'amministrazione e parla a nome della stessa, dovrebbe usare un tono più rispettoso e tollerante e limitarsi a parlare di quello che sa», scrive l’architetto. «Sono stato il primo, nel ’94, a consegnare nelle mani del sindaco Carlo Pace il progetto di pedonalizzazione dell'asse via Firenze-via Battisti, e ne rimango un convinto assertore, ritenendo che sarebbe molto serio completare l'opera. Ribadisco due concetti: lo spazio di corso Vittorio non è uguale a quello di corso Umberto, sia per proporzioni, sia per qualità architettonica e non rappresenterà mai nè un asse di passeggio, nè una piazza. Il traffico rimarrebbe (mezzi pubblici, mezzi di rifornimento, taxi, privati autorizzati) e ciò renderebbe inutile la pena inflitta al resto della circolazione. Se davvero si vuole migliorare la qualità d'uso pedonale, lo si può fare in questo caso utilizzando meglio lo spazio esistente e dando più decoro con la vegetazione al grande asse viario. Se fosse vero che si vogliono tutelare gli operatori commerciali (mi permetto di dubitare che siano d'accordo con l'idea del Comune), è altrettanto vero che l'intera città soffrirebbe moltissimo per un tale intervento. Il consigliere forse ignora le difficoltà enormi di movimento già dovute alla mancanza di interventi strutturali o alle opere improvvisate. La parola di un esperto può apparire un po’ teorica, ma mi chiedo come si fa ad amministrare una città senza coltivare un'immagine alta del suo territorio». (m.c.)

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