Loreto Aprutino

«Così salviamo il vino», la scoperta di Valentini sulla polvere di zeolite

3 Dicembre 2025

Lo studio del ricercatore punta a contrastare i cambiamenti climatici. La roccia protegge i vigneti del Mediterraneo dalle ondate di calore

LORETO APRUTINO. Arriva dall’Abruzzo la ricerca che salverà i vigneti del Mediterraneo dai cambiamenti climatici e dalle ondate di calore, ormai diventate una consuetudine delle nostre estati. Come? Con la zeolite e chabasite italiana, una roccia assolutamente naturale, polverizzata e diffusa su foglie e grappoli ancora prima che arrivino le temperature africane a “bruciare” i raccolti. La scoperta porta la firma del ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (Distal) dell’Università di Bologna, Gabriele Valentini, 45 anni, di Loreto Aprutino.

Valentini, con il suo studio, ha ricevuto in questi giorni il prestigioso “Viticulture Paper of the Year Award 2025”, conferito dalla Australian Society of Enology and Viticulture durante la cerimonia che si è tenuta ad Adelaide. Il premio è stato assegnato per l’articolo (intitolato “Optimizing Viticulture Sustainability Through Foliar Zeolite Treatments: An In-Depth Analysis of Their Impact on Gas Exchange, Yield, and the Composition of Sangiovese Grapes and Wine”) pubblicato sull’Australian Journal of Grape and Wine Research, una delle più autorevoli riviste a livello mondiale.

Il riconoscimento celebra il contributo scientifico con maggiore impatto potenziale sulle pratiche viticole: la ricerca di Valentini è stata ritenuta tra le più significative e applicabili all’industria vitivinicola a livello internazionale. Come sottolineato da un membro della giuria: «Di fronte alle sfide del cambiamento climatico che interessano tutte le regioni viticole, questo studio offre nuovi strumenti di gestione per contrastare il riscaldamento nei vigneti, particolarmente rilevanti per le aree a clima fresco».

La ricerca propone l’impiego di zeoliti naturali come soluzione sostenibile per migliorare la resilienza dei vigneti mediterranei, contribuendo a preservare la qualità e la sostenibilità della produzione enologica in un contesto di cambiamento climatico globale. «Al centro dello studio c’è l’uso di un materiale sostenibile, la polvere di questa roccia che agisce abbassando la temperatura del grappolo così da contrastare le ondate di calore sempre più frequenti nelle aree a clima mediterraneo. E per salvaguardare la vite, che conserva più acqua, non si disidrata e sopravvive preservando la qualità del prodotto finale», spiega Valentini semplificando il succo della sua ricerca.

«È una grande soddisfazione per me vedere pubblicata la mia ricerca su una delle migliori riviste di settore al mondo e soprattutto ricevere un premio così prestigioso», dice ancora Gabriele Valentini, appena tornato dalla premiazione in Australia e celebrato dall’ateneo bolognese sul proprio sito e sui suoi social per aver firmato l’articolo legato al pianeta vino più promettente a livello mondiale in questo 2025.

«La ricerca ha come obiettivo quello di aiutare le aziende agricole a migliorare la produzione. Il mio compito, da ricercatore e agronomo, è quello di anticipare di dieci anni quello che accadrà a livello scientifico e, in questo caso, climatico. Ho lavorato un decennio sull’impiego della zeolite in viticoltura: le prove devono essere continuative, altrimenti i risultati non vengono ritenuti soddisfacenti per valutare una ricerca applicabile. Quando si sottopone la propria pubblicazione, questa viene presa in mano da un editor specializzato nel settore, che lo sottopone a sua volta a diversi revisori - scienziati - che valutano l’articolo e fanno una sorta di revisione tra pari».

Valentini aveva già visto gli effetti benefici della zeolite nei suoi vigneti a Loreto Aprutino e in alcune aziende emiliane: «Avevo avuto risultati positivi su questa linea di ricerca. Certo, esistono tanti altri strumenti simili, ma questo è piaciuto molto agli scienziati dell’Australian Society. Per me, un risultato inaspettato: quando è arrivata la notifica, e l’invito per Adelaide a ritirare il premio, non l’avevo nemmeno considerata: sembrava l’ennesimo spam... Poi invece mi è arrivata la notizia dall’editor in copia che mi ha esortato a leggere la loro e-mail. Non appena si è diffusa la notizia, ho ricevuto congratulazioni da tutto il mondo e ho capito che stava accadendo qualcosa di straordinario. Anche all’Università di Bologna la notizia è stata clamorosa: nessuno aveva mai avuto un riconoscimento simile prima».

La ricerca dello studioso abruzzese potrà salvare le viti e quindi l’industria enologica. «Anche se i nostri territori non sono sottoposti a temperature torride, ormai da anni fanno i conti con le pericolose ondate di calore, spesso seguite da eventi di maltempo estremi. L’utilizzo della Zeolite a Chabasite, roccia naturale estratta in Italia, senza alcun tipo di trattamento, difenderà i vigneti da questi picchi estremi. La roccia viene micronizzata e spruzzata con un atomizzatore. Diventa una semplice polvere e si applica su tutta la chioma. Si fanno due trattamenti l’anno, quando i grappoli cambiano colore. La pianta viene ricoperta della polvere di zeolite, che porta suoi effetti positivi per due settimane. Bastano questi trattamenti nel periodo dell’invaiatura (cambio di colore, ndc) tra fine luglio e primi di agosto».

Cosa rischia l’uva in estate con le ondate di calore? «Nelle uve a bacca rossa, gli eccessi di calore riducono il colore degli acini. E l’acino tende ad avvizzire con il calore. La soglia critica è di 35°: quando si superano, si ha la riduzione del colore. È la prima volta che viene usata la zeolite: nessuno ne conosceva gli effetti sul calore. Ma in agricoltura è già impiegata per altri scopi, come ridurre gli attacchi degli insetti sugli uliveti».

Come lo ha scoperto Valentini? «Essendo un folle che mette termometri dentro i propri grappoli, ho verificato che la zeolite raffreddava gli acini. L’ho usata sui miei vigneti. Sul Montepulciano, nelle annate più calde. E il colore è rimasto più stabile». Il ricercatore di Loreto Aprutino imbottiglia il suo vino sperimentale Cecalupo, dal vigneto di famiglia, nella cantina del nonno. E i grandi esperti italiani di vino lo hanno già definito «molto promettente».

@RIPRODUZIONE RISERVATA