Cresce l’emergenza migranti Tra Comuni e Prefetture un patto per l’accoglienza 

Dopo l’appello di D’Alberto (Anci) i sindaci chiedono fondi e l’inserimento sociale Caruso: «Serve maggiore programmazione». Menna: «Oggi non abbiamo regole» 

Risorse certe e progetti di inserimento sociale. Solo così i sindaci abruzzesi saranno in grado, coadiuvati dalle Prefetture, di offrire un'adeguata accoglienza agli immigrati. Che il sistema vada rivisto, alla luce dell'emergenza sbarchi sempre più pressante, è un parere comune, al di là del colore politico di appartenenza. In Abruzzo, dove sono già arrivati 487 profughi e ne sono attesi altri 80 – alcuni hanno toccato il suolo abruzzese proprio nella giornata di ieri - esistono dei "comuni-modello" dove i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria funzionano bene. Ma il timore è che la crescente ondata di sbarchi, nonostante gli sforzi collettivi, possa far inceppare la macchina organizzativa. E poi, resta l'incognita delle risorse che il Governo dovrà trasferire agli enti locali: quando e come arriveranno? Interrogativi che animano il dibattito pubblico. E che hanno portato il presidente dell'Anci Abruzzo, Gianguido D'Alberto, a inviare una lettera-appello al Governo. Una delle priorità da affrontare è quella dei minori non accompagnati. All'inizio di agosto la Prefettura dell'Aquila, capofila delle Prefetture abruzzesi, ha riunito i sindaci dei comuni superiori a 5mila abitanti per fornire le prime direttive. Quello che chiedono i sindaci è un sistema di accoglienza e integrazione che tenga conto delle esigenze degli immigrati e dei territori che li ospitano.
MASSIMA CRITICITà
Tutto troppo velocemente. «Non abbiamo avuto il tempo di programmare», sostiene Angelo Caruso, presidente della provincia dell'Aquila e sindaco di Castel di Sangro, «il livello di emergenza, dovuta agli sbarchi, è salito rapidamente, ponendoci in una condizione di massima criticità. Sui Comuni pesa, da un lato, la situazione economica. Molte amministrazioni sono restie ad accogliere i migranti in quanto non hanno certezze sull'erogazione dei ristori per la gestione dei Cas. Si rischia di dover anticipare somme importanti e di vederle rientrare solo a distanza di tempo. E questo rappresenta un problema reale. L'altra criticità riguarda la tempistica dell'accoglienza: l'ondata di sbarchi – parliamo di persone sofferenti, che hanno alle spalle un viaggio della speranza in mare aperto, tra rischi e sofferenze difficili da dimenticare – ha posto i sindaci davanti all'imperativo di dover agire in fretta, senza una reale programmazione». In Abruzzo sono diversi i comuni che hanno centri di accoglienza strutturati tra cui Chieti, Vasto, Roseto, Civitella del Tronto, Mosciano, Castel di Sangro.
Cristina di Pietro, sindaco di Civitella del Tronto racconta l'esperienza del suo comune «che ha alle spalle tanti anni di impegno nell'accoglienza dei rifugiati. Cerchiamo di fare del nostro meglio», dice, «ci muoviamo sempre in accordo con la Prefettura, che coordina gli arrivi sul territorio. La situazione, al momento, è abbastanza sotto controllo».
MINORI NON ACCOMPAGNATI L'attenzione generale si è focalizzata, soprattutto, su di loro. A Chieti Scalo, il 25 luglio scorso, è stato aperto un nuovo Cas, gestito da Sarco solidarietà Chieti e cooperativa Nuvola con il supporto del servizio politiche sociali del comune, per minori non accompagnati: i più piccoli, i più fragili. Otto i bambini presi in carico finora. «Le criticità esistono, inutile negarle», afferma il sindaco di Chieti, Diego Ferrara, «già dal primo sbarco ad Ortona ci siamo coordinati con la Prefettura mettendoci a disposizione: la sinergia con le istituzioni è la carta vincente per gestire un problema importante ed estremamente impattante sulle dinamiche e sulle risorse degli enti pubblici, ma che merita, non fosse altro per il suo aspetto umano e di solidarietà, l'impegno comune e le migliori energie. Sono fenomeni che mettono a dura prova tutte le amministrazioni, ma che devono essere gestiti al meglio».
A Penne il modello d'integrazione è stato sperimentato con l'accoglienza degli ucraini in fuga dalla guerra. L'arrivo in massa dei richiedenti asilo politico ha imposto un ulteriore sforzo organizzativo e gestionale. «Da parte nostra c'è la massima attenzione al fenomeno», dice il sindaco di Penne, Gilberto Petrucci, «i rifugiati vengono anche messi in contatto con le aziende del territorio. Molti hanno trovato lavoro, anche grazie ai progetti di integrazione avviati, ma al Governo chiediamo maggiori garanzie economiche e puntualità nell'erogazione dei ristori attraverso il ministero degli Interni. I sindaci sono in prima fila, ma non possono essere lasciati soli: occorrono risorse e una rete di supporto a livello nazionale che dia maggiori certezze».
MODELLO ERRATO
«Dalla stagione dello Sprar, tra il 2014 e il 2017, tutto è cambiato». Francesco Menna, sindaco di Vasto, guarda con occhio critico alla situazione attuale. «Allora avevamo una quota massima di immigrati e 500 euro una tantum per ogni rifugiato accolto. A Vasto gli immigrati erano al massimo 100 con risorse garantire pari a 50mila euro che potevano essere impegnate per servizi importanti sul territorio. Inoltre, veniva garantita la possibilità di sancire patti di collaborazione per impiegare i rifugiati nella pulizia dei quartieri, gestione degli eventi sportivi, rifacimento della segnaletica. Il quadro, oggi, è diametralmente opposto», sottolinea Menna, «è stata cancellata la somma una tantum, non abbiamo la possibilità di avviare progetti, né è stato stabilito un tetto massimo per l'accoglienza. L'immigrazione è una risorsa se integrata nella realtà sociale. Il governo di centrodestra ha annullato qualsiasi iniziativa: non abbiamo regole, né aiuti certi».
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