CROCIFISSI

12 Agosto 2013

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Si vedono le montagne dalla mia finestra. Non sono le montagne del Colorado né tanto meno quelle abruzzesi. Sono montagne che si gettano a picco sul mar Tirreno, sono le montagne che coprono Palermo. Provate a fare un giro sulle loro creste, pietra e cespugli, nient'altro.

Le guardo e penso a Nick Fante, agli inizi del '900. Il migliore muratore degli Abruzzi che ha voltato le spalle alla Maiella, preferendo la polvere del Colorado. In quegli anni i miei avi si stavano spaccando la schiena nelle campagne del palermitano, crocifissi in una terra dura quanto infame.

Chi abbandona questa terra torna da turista di se stesso solo per le vacanze estive. Qui c'è l'avanguardia dell'abusivismo edilizio; le colline che si affacciano sul mare sono puntellate di case, sono le favelas figlie degli anni '60. Favelas, ma molto pulite.

Io sono cresciuto qui, e la promiscuità con i vicini è la norma. Tutti, prima o poi, vengono a sapere cosa fai, e la cosa diventa immediatamente di dominio pubblico se è frutto di una violenta litigata familiare. Ricordo mia madre stirare in veranda, durante afosi pomeriggi, e intanto  scambiare informazioni su vizi e disgrazie della parentela. L'argomento era sempre lo stesso: parenti che non parlano più con altri parenti; i motivi  erano anch'essi gli stessi: soldi, case, terreni, maleparole.

In questi posti non si è fatto in tempo a creare le fognature, così ogni casa ha il proprio pozzo dove scaricare la parte peggiore di se stessi. Questi serbatoi diventeranno la sorgente di un fiume. Un fiume inarrestabile che si gonfia durante i mesi estivi e, unitosi al mare, sostiene il materassino appena uscito in edicola. Il fiume porta con se i rifiuti fisiologici della tua famiglia, dei tuoi amici, della ragazza che vorresti scopare e della professoressa che ti ha bocciato in latino; lì siamo una cosa sola, uniti.

Mi scosto dalla finestra e frano sul letto, su di me veglia un crocifisso. E' fatto in gesso e colorato con colori ad acqua. Lo ha fatto mia madre.

C'è stato un periodo in cui non faceva altro che queste cose in gesso: crocifissi, bambin Gesù, angeli, madonnine. Metteva il gesso liquido nelle formine di silicone, una volta asciutto, toglieva la formina e la piccola scultura cristiana veniva alla luce. Dopo la colorava con dei piccoli pennelli, ci passava sopra una specie di smalto e una spolverata di borotalco. A me dava le statuine che venivano con le bolle; mi metteva un po' a disagio giocare con un bambin Gesù con il colera. Quando provavo a colorarlo solitamente veniva una porcata, e la tentazione di distruggerlo veniva frenata solo dal timore reverenziale; lo lasciavo sul tavolo sperando che a quel bambin Gesù butterato ci pensasse mia madre.

Stiracchiandomi ho rischiato varie volte di fare venire giù quel crocifisso che vigila sul mio riposo, e ogni volta ho pensato la stessa cosa: "Adesso lo tolgo di mezzo, non posso rischiare ogni mattina di farmi un buco in fronte!". Devo sostituirlo con un'altra cosa. Sul comodino c'è una copia di seconda mano de "la grande fame". Dannato Fante! Tu sì che scrivi come un Dio. Vorrei anche io adorare e pregare la foto del mio editore, ma nella mia stanza c'è solo il crocifisso in gesso di mia madre. Potrei sostituirlo con una tua foto; magari quella di profilo con il vestito gessato, oppure quella dove sei appoggiato sulla macchina da scrivere, o ancora, quella in posa da bullo di quartiere, gambe larghe e braccia incrociate. Sì, questa mi piace. Adesso la stampo e tolgo quel crocifisso, devo solo trovare il modo di spiegarlo a mia madre.

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