D'Alfonso condannato a 4 mesi per abuso

14 Maggio 2011

Assegnò al suo braccio destro Dezio funzioni da dirigente comunale senza concorso

PESCARA. Fu abuso patrimoniale, seppure parziale. Come Guido Dezio, il suo più fidato collaboratore, anche Luciano D'Alfonso viene condannato a quattro mesi di reclusione, con l'interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata della pena. L'ex sindaco di Pescara assegnò a Dezio le funzioni di dirigente del suo staff in Comune senza procedere a un bando pubblico come previsto dai regolamenti municipali in vigore all'epoca. Era il 22 novembre 2004.

Un anno dopo, quando gli attribuì la responsabilità di due settori chiave del Comune, la norma era già cambiata: in caso di necessità, le assunzioni extra concorso erano consentite. Ecco perché il tribunale ha condannato l'ex leader regionale del Pd, assolvendolo - perché il fatto non sussiste - dalle altre, analoghe accuse di abuso patrimoniale e - per non aver commesso il fatto - anche da quella di avere favorito Dezio al concorso per due posti da dirigente amministrativo. Una beffa, per D'Alfonso, che aveva il diritto di scegliere di inserire nel proprio staff qualunque persona di sua fiducia, ma di fatto solo dal 2005. Ma la beffa è doppia, pensando che il reato, commesso nel 2004, è vicinissimo alla prescrizione. L'ex segretario regionale del Pd non esce indenne dalla prima delle quattro partite giudiziarie che lo attendono nel prossimo biennio.

ASSENTE IN AULA
Nella nuova veste che da 30 mesi si è ritagliato di imputato contumace, assente a tutte le udienze preliminari e anche ai dibattimenti, non assiste alla lettura della sentenza che alle 21,40, dopo quasi tre ore di camera di consiglio, con il collegio dei giudici palesemente diviso, cristallizza le sue responsabilità per avere assicurato un vantaggio al suo ex braccio destro Dezio. Come? Ammettendolo a svolgere funzioni di dirigente comunale, prima di assegnargli un incarico per sei mesi e poi di un anno nel settore «Provveditorato ed economato» e «Provveditorato e patrimonio», precostituendo titoli utili ai fini del concorso per dirigente amministrativo.

La sentenza è il prodotto di un'udienza interminabile, aperta dalla testimonianza dell'assessore regionale al Bilancio Carlo Masci e caratterizzata da due interruzioni, provocate da altrettante richieste del pm di unire il procedimento a quello delle tangenti e poi di apportare modifiche al capo d'imputazione originario. Istanze bocciate, ma capaci di assorbire quasi quattro ore a un collegio, presieduto da Carmelo De Santis (a latere Massimo De Cesare e Stefania Ursoleo), che discute anche durante il dibattimento.

LA REQUISITORIA
Il pm Paolo Pompa chiede la condanna a un anno di reclusione, al termine di una requisitoria di un'ora nella quale il magistrato celebra di fatto un processo bis nei confronti di Dezio, già condannato a febbraio 2010 dal gup con l'abbreviato a 4 mesi di reclusione e attualmente sospeso dal lavoro in attesa dell'appello, ancora da fissare. «Il Comune doveva verificare la sussistenza dei requisiti per accedere alla qualifica di dirigente amministrativo e Dezio non li aveva né nel 2004, quando era solo un neolaureato, né nel 2007, quando scatta l'inchiesta».

Quali erano questi requisiti? La laurea e almeno 5 anni di servizio come dirigente di ruolo. Ma Dezio avrebbe dichiarato il falso relativamente ai presunti incarichi dirigenziali ricoperti alla Regione dal 2000 al maggio 2003 e per questo è stato condannato. A Pescara Dezio aveva preso servizio il 20 giugno 2003 come funzionario, quindi era diventato segretario particolare dell'allora sindaco D'Alfonso fino al 22 novembre 2004, quando gli erano attribuite le funzioni di dirigente fino al concorso, bandito nel 2007.

LA DIFESA
D'Alfonso, dunque, lo aveva fatto inizialmente entrare nel proprio staff: «Voleva creare una macrostruttura per il Comune», ha spiegato la difesa. Poi gli aveva assegnato la responsabilità dell'ufficio Patrimonio fino al concorso per due posti da dirigente di ruolo che aveva consentito a Dezio - arrivato secondo - di entrare in Comune dalla porta principale. «C'era una situazione di emergenza e la mossa era consentita dalle norme sugli enti locali», ha aggiunto il legale.

Ma Pompa ha insistito sulla mancanza di titoli di Dezio. «Il sindaco distribuisce gli incarichi dirigenziali, ma secondo i regolamenti. Il "chi vuole" previsto dalla legge deve avere i requisiti, non dev'essere uno con la terza elementare. Dezio non aveva presentato neppure il proprio curriculum professionale in Comune, ma lo ha fatto solo nel 2007 dopo l'avvio dell'inchiesta. E nessuno lo ha mai richiesto, peggio che in un'azienda privata».

D'ALFONSO
Poi, il pm ha deviato il mirino verso D'Alfonso: «Dezio non ha fatto tutto da solo, aveva degli appoggi per diventare dirigente. D'Alfonso ha aspettato che Dezio maturasse il quinquennio per farlo partecipare al concorso con 500 candidati dove, combinazione delle combinazioni, ha vinto. Poteva far leva sul rapporto di fiducia per inserire Dezio nel suo staff, ma non per renderlo poi un dirigente del Patrimonio. D'Alfonso lo ha fatto scivolare nel settore strategicamente più importante del Comune e questo equivale a un'introduzione in pianta stabile di una persona senza requisiti».

E ancora: «Il concorso è stato bandito solo dopo che Dezio ha maturato 5 anni, così Dezio viene nominato vincitore e dipendente di ruolo di quello che fino al giorno prima aveva svolto da esterno. Non voglio sostenere che il concorso fosse truccato. Non è la valutazione di merito a essere censurabile, ma è l'abuso perché è stato creato un castello per dare dignità al niente attraverso funzioni mai svolte».

Pompa bastona anche la sentenza con cui il gup, un anno fa, ha assolto la commissione del concorso: «Può darsi che la commissione abbia omesso di controllare che l'autocertificazione fosse falsa, ma D'Alfonso sapeva benissimo che cosa avesse fatto Dezio, lui stesso aveva precostituito i titoli anche nel periodo in cui Dezio era al consiglio regionale». Ma alla fine, l'unica accusa che resta in piedi resta quella nomina a dirigente comunale dello staff di D'Alfonso. La pena è stata sospesa.

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