Delitto di via Tavo preso Angelo Ciarelli

Pescara, il fratello del presunto killer di Rigante incastrato da tre testimoni e da 13 proiettili calibro 38 special trovati in un tombino davanti casa
PESCARA. C’è una fonte confidenziale che parla e tre testimoni che confermano, e ci sono 13 proiettili calibro 38 special trovati in un tombino davanti casa sua a incastrare, secondo l’accusa, il rom di 38 anni Angelo Ciarelli. Per la squadra Mobile che lunedì sera lo ha portato alla resa nel giro di due ore, è il fratello maggiore di Massimo (da due mesi in carcere per l’omicidio di Domenico Rigante ucciso con un proiettile calibro 38 al fianco sinistro) il presunto omicida di Tommaso Cagnetta, il 42enne arrestato lo scorso anno in una vasta operazione antidroga vittima del colpo di pistola esploso nel tardo pomeriggio di lunedì in via Tavo, al Ferro di cavallo.
«È un punto di partenza», ammonisce il capo della Mobile Pierfrancesco Muriana in attesa dei riscontri dello Scientifica mentre, affiancato dal suo vice Dante Cosentino, ricostruisce insieme al questore Paolo Passamonti l’attività informativa e investigativa che a tempo di record («grazie alla sezione Antidroga di Nicolino Sciolè e alla Omicidi di Guido Camerano») li ha portati a stringere il cerchio intorno ad Angelo Ciarelli. Lo stesso che, dopo le pressioni dei poliziotti sulla famiglia, intorno alle 21 di lunedì si è presentato spontaneamente in Questura: «So che mi state cercando» ha detto, prima di sottoporsi alle sette ore di domande e accertamenti (a cominciare dall’esame dello stub sui residui della polvere da sparo) culminati alle 4,30 di ieri mattina con l’arresto per omicidio e porto abusivo di armi.
Assistito dal difensore Giancarlo De Marco, non ha reso nessuna confessione Angelo, che invece ha negato ripetutamente, davanti al pm Valentina D’Agostino e al capo della Mobile Muriana, la sua presenza in via Tavo 171 alle 18,45 di lunedì. «Ci abita mia sorella, vado e vengo», avrebbe dichiarato Angelo agli investigatori, convinti invece che non solo Angelo a quell’ora c’era, ma che è stato colui che ha sparato e colpito a morte, per sbaglio, Tommaso Cagnetta. La dinamica ricostruita dagli investigatori incrociando le testimonianze di almeno sette persone, racconta infatti di una coppia di tossicodipendenti di Francavilla che intorno alle 18,30 di lunedì arriva a bordo di una Clio al Ferro di cavallo. Lui resta in auto, lei scende e va ad acquistare a casa di una zingara un grammo di cocaina. Ma la cliente commette l’errore di darle 70 euro, e non gli 80 richiesti, prima di allontanarsi frettolosamente mentre la spacciatrice la insegue per le scale chiedendo rinforzi agli uomini che stazionano in strada. La cliente fa in tempo a salire in macchina e ad abbassare la sicura, mentre l’auto viene accerchiata da almeno sei rom che tentano ripetutamente di ribaltare la macchina. Fra di loro, dice l’accusa, dal lato del guidatore, c’è Angelo che all’improvviso, proprio mentre Cagnetta si sta avvicinando dal lato opposto, aggira da dietro l’auto, tira fuori la pistola e spara. Un colpo solo che ferisce al fianco sinistro Tommaso Cagnetta. L’uomo sanguina e inizia subito a rantolare, mentre tre tossicodipendenti recuperano un’auto e lo portano al pronto soccorso dove, a distanza di mezz’ora, Cagnetta muore. Quando le forze dell’ordine si precipitano in via Tavo, trovano una gigantesca rissa probabilmente inscenata ad arte per far sparire pistola e assassino.Ma qualcuno parla e gli uomini della Mobile si precipitano in via Vico Moro, a casa di Angelo Ciarelli. Lui non c’è, ma dentro un tombino lì davanti la polizia trova, dentro un calzino con lo stemma dell’Italia, 13 proiettili calibro 38 special. Un calzino identico, per taglia e stato di usura, viene trovato a casa di Angelo, insieme a un altro calzino, diverso per taglia e più nuovo, che risulta invece spaiato. L’ipotesi degli investigatori è che anche quello sia stato utilizzato per nascondere qualcosa, probabilmente l’arma che ha sparato e che però non si trova, come nel caso dell’omicidio Rigante (ma lì le armi sarebbero due) e come nel caso del tentato omicidio della prostituta nigeriana per cui è in carcere lo stalliere dei Ciarelli, Pasquale Di Giovanni. Tre fatti di sangue con un unico comun denominatore: il calibro 38 simile al 38 special dei 13 proiettili trovati nel tombino di via Vico Moro. «Ne prendiamo atto e andiamo avanti», dice Muriana.
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