Denunciò il figlio per maltrattamenti, si pente davanti ai giudici: «Non lo rifarei, preferirei morire»

«L’allontanamento è la cosa peggiore che potessi fare, non avrei dovuto denunciare tutte quelle volte». E il figlio: «Noi ci vogliamo bene, non c’è bisogno di un processo». Ma gli episodi finiti in quel fascicolo raccontano un’altra storia
È finito sotto processo per maltrattamenti ed estorsione ai danni della propria madre che lo denunciò, ma ieri, D.D.G., 42 anni di Pescara, ma residente in provincia, davanti ai giudici del collegio, è stato avvicinato dalla mamma che stava per sedersi sul banco dei testimoni, che lo ha abbracciato affettuosamente: "Ha visto?", ha detto il figlio-imputato al pm, "noi ci vogliamo bene quindi non c'è bisogno del processo". Ma gli episodi finiti in quel fascicolo sono diversi e parlano di aggressioni verbali, mai fisiche come hanno ribadito i testimoni, verso il genitore colpevole di non volergli più dare soldi per acquistare la droga di cui al tempo l'imputato faceva uso (fatti dell'estate scorsa, mentre la droga il giovane l'assumeva da circa 15 anni).
E ieri la mamma ha spiegato proprio in questo senso il perché di quelle liti. "Mio figlio è tossicodipendente e spesso mi chiedeva soldi. Quel giorno chiesi a mio genero e ad un amico di mio figlio di essere presenti in negozio (la donna ha una macelleria), perché temevo qualche reazione, e infatti, quando è arrivato era fuori di sé, arrabbiato perché non gli rispondevo al telefono. Mi ha chiesto di andare a prelevare i soldi, ma mi sono rifiutata e così ha iniziato a tirarmi degli oggetti e poi ha preso (senza riuscirvi perché era pesante, ndr) la macchinetta per i sottovuoti per rivendersela. Mio genero è intervenuto, ma mio figlio ha preso un grosso coltello e glielo ha puntato contro". Di episodi del genere ne erano accaduti altri, spesso in negozio, ma purtroppo anche a casa (da qui la misura dell'allontanamento e poi quella in carcere). "Oggi - ha poi detto ai giudici la mamma - se potessi tornare indietro non lo denuncerei, piuttosto preferirei morire perché l'allontanamento è la cosa peggiore che potessi fargli e forse non avrei neppure dovuto denunciarlo tutte quelle volte".
La donna ricevette anche una telefonata anonima da qualcuno che le riferiva che il figlio in carcere voleva suicidarsi. "Mio figlio è stato abbandonato da tutti: ho chiesto aiuto al sindaco e al mio medico di famiglia, ma non sono stata ascoltata". Via Wp l'imputato minacciava un po' tutti quelli della famiglia. La sorella, anche lei testimone ieri, ha riferito che la mamma si era rifugiata a casa sua per timore del figlio, ma lui arrivò anche lì. "Iniziò a suonare il clacson e il citofono, a telefonare e mandare messaggi. Poi ha iniziato a colpire la macchina di mia madre con la tavola da surf che aveva in auto. Era seguito da uno psichiatra, ma quando finiva la terapia diventava di nuovo aggressivo. Quando è pulito mio fratello è bravissimo nel suo lavoro ed è cortese con i clienti della macelleria".
Versione confermata da un medico che lo seguì per qualche mese e che gli diagnosticò un disturbo della personalità e non solo questo. Molto più dettagliata la testimonianza del cognato dell'imputato che ha riferito di diversi episodi, ribadendo che era necessario aiutarlo, farlo disintossicare, ma non si trovava una comunità. La difesa, rappresentata dall'avvocato Ernesto Boilini, ha poi chiesto al collegio di far sottoporre l'imputato ad una perizia psichiatrica: richiesta alla quale si è opposto il pm Benedetta Salvatore, ma che poi è stata accolta dai giudici che hanno fissato al 19 marzo l'udienza per affidare l'incarico al professor De Leonardis. Il difensore ha annunciato anche istanza per far scarcerare l'imputato per la grave situazione che sta vivendo al San Donato, sulla quale il collegio si è riservato di decidere.