il bacino lacustre

Diga di Campotosto, nuovi dubbi sulla tenuta ma l’Enel rassicura

In serata la precisazione del presidente della Commissione Grandi rischi Bertolucci: «Non c'è nessun pericolo imminente di un effetto Vajont. È importante continuare a monitorare l’evoluzione sismica in quella zona»

CAMPOTOSTO. Trecento milioni di metri cubi di acqua, uno “tsunami” che investirebbe la vallata circostante, spazzando via tutto quello che incontra sul suo cammino. Uno scenario apocalittico, quello del crollo della diga di Campotosto, evocato e subito dopo ridimensionato dalla Commissione grandi rischi, che dopo aver ripercorso le tappe dei terremoti che hanno devastato il Centro Italia, ha detto: «I recenti eventi hanno prodotto importanti episodi di fagliazione superficiale che ripropongono il problema della sicurezza delle infrastrutture critiche quali le grandi dighe», fino a ipotizzare un “effetto Vajont”. E alla mente è tornata quella sera del 9 ottobre del 1963, quando 260 milioni di metri cubi di roccia finirono nell’invaso sottostante la montagna, che al momento della tragedia conteneva circa 115 milioni di metri cubi di acqua. Le vittime furono 1917; a infliggere tre condanne in primo grado ai responsabili della società che gestiva l’invaso, fu il tribunale dell’Aquila, nel 1969.

In serata, poi, a sorpresa la precisazione di Sergio Bertolucci, presidente della Commissione grandi rischi: «Non c'è nessun pericolo imminente di un effetto Vajont. È importante continuare a monitorare l’evoluzione sismica in quella zona» perché, ha detto, «esiste un aumento della pericolosità dovuta ai movimenti della faglia». A sottolineare la necessità stringente di lavori di rinforzo della diga era stato, già nel 2009, l’Eucentre, il Centro europeo di formazione e ricerca in Ingegneria sismica, che avanzava uno scenario ben diverso rispetto al Vajont, legato alla possibilità di un “risveglio” della faglia di Campostosto. Il lago artificiale, che si trova a un’altitudine di 1.300 metri nel cuore del Parco del Gran Sasso-Monti della Laga, e che si estende su una superficie di circa 14 chilometri quadrati, nasconde dunque un terribile segreto.

«Seppur a questa faglia», scrivevano gli scienziati dopo il terremoto dell’Aquila, «non è associata una sismicità storica rilevante, non è possibile escludere a priori una sua potenziale attivazione. Nel più improbabile degli scenari ipotizzabili, la dislocazione tettonica generata dalla faglia di Campotosto potrebbe intercettare in superficie il corpo della diga di Rio Fucino. Le analisi svolte mostrano abbastanza chiaramente che, se sottoposta ad una dislocazione di 90 centimetri provocata dalla rottura della faglia, la diga di Rio Fucino subirebbe una plasticizzazione diffusa in molte sue parti, con danni anche gravi che potrebbero determinare una fuoriuscita di acqua». Difficile dire che direzione potrebbe prendere l’acqua “fuoriuscita”, perché dipenderebbe dal punto di rottura, con entrambi i versanti della montagna (aquilano e teramano) a potenziale rischio. Enel, tuttavia, ribadisce che a seguito dei recenti eventi sismici «non si rileva alcun danno alla diga di Campotosto. Il buono stato delle opere è confermato da tutti i controlli previsti eseguiti in questi giorni. Il volume attualmente invasato è di circa il 40%, quindi molto basso. Alla luce della difficile situazione idrogeologica di questi giorni si è comunque deciso, come misura cautelare, estrema, di procedere a una ulteriore progressiva riduzione del bacino. Le necessarie autorizzazioni alla riduzione sono già state chieste alle competenti autorità e le operazioni si stanno svolgendo sotto lo stretto controllo dei tecnici di Enel, già presenti in zona». Oggi, comunque, sulla questione si terrà una riunione al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, convocata dal ministro Graziano Delrio. Partecipano la Protezione civile, il Consiglio superiore dei lavori pubblici, le Regioni coinvolte e i gestori che hanno la responsabilità dei controlli.

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