Discepoli e eredi di Galeone. I ricordi di Allegri e Gasperini: «Sei stato un vero maestro»

3 Novembre 2025

I due allievi del Profeta sulle panchine di Milan e Roma e ieri sera avversari. Max: «Che tristezza, sono stato a trovarlo pochi giorni fa in ospedale a Udine»

PESCARA. Un abbraccio, gli occhi lucidi, il silenzio. Allegri e Gasperini ieri si sono incrociati in Milan-Roma nella notte in cui il calcio italiano piangeva per la morte di Giovanni Galeone.

Come tutti i grandi della storia che hanno segnato la propria epoca, indicando la strada alle generazioni successive, Galeone è stato maestro e ispiratore per tanti aspiranti tecnici. Primi fra tutti, i suoi calciatori, diventati poi a loro volta allenatori. Tra i più importanti allievi del Profeta, due giocatori simbolo del suo Pescara, rispettivamente del primo degli anni ’80 - Gian Piero Gasperini, 160 partite con il Delfino dal 1985 al 1990 e oggi sulla panchina della Roma - e del secondo dei primi anni ’90 - Massimiliano Allegri, 110 partite in biancazzurro, oggi alla guida il Milan - , punte dell’iceberg della scuola galeoniana. Gli Dei del calcio ieri hanno voluto farli incontrare nella partitissima di serie A per ricordare con una notte di spettacolo ed emozioni, a San Siro, a tutti cos’è stato, e cos’è ancora oggi, il calcio nato a Pescara qualche decennio fa. Allegri è stato come un figlio per Galeone: incontri, telefonate, messaggi. Un rapporto inossidabile, fortissimo, di affetto prima ancora che di stima professionale. «Ero stato a trovarlo in ospedale a Udine, tra noi c’è stata un’amicizia iniziata 35 anni fa. Per me è un giorno triste. Nel 1991 sono arrivato al Pescara dal Pavia quasi per sbaglio: fui inserito nel pacchetto per l’acquisto di Ricky Massara. Dopo mezzora, mi disse: non puoi fare il trequartista, se vuoi fare il calciatore devi fare la mezzala. Pur avendo sempre giocato all’attacco, lui mi ha insegnato tutti i concetti e i principi della fase difensiva», le parole di Allegri dopo la vittoria del suo Milan.

Con Gasperini un’amicizia meno viscerale, ma un legame comunque profondo. Ieri l’allenatore della Roma lo ha ricordato dopo aver perso la sfida contro Allegri a Milano: «Il ricordo più nitido che ho in mente risale al finale di stagione in serie B nell’87: giocavamo a Pisa, una partita che era già decisiva per la promozione in A. Negli ultimi minuti io feci tre o quattro passaggi all’indietro al portiere per gestire il pareggio. A fine partita venne da me e mi disse: noi non ricorriamo a questi mezzucci, noi giochiamo per vincere. Sempre. Ecco, questo era Giovanni Galeone, e questo è uno dei più grandi insegnamenti che mi porto dentro».

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