Pescara

Droga alla “Pescara bene”: tra i clienti imprenditori, ristoratori e avvocati. In 17 rischiano l’arresto

16 Dicembre 2025

L’inchiesta disegna una impressionante ragnatela che avvolge vari settori produttivi della città, dove la cocaina scorre a fiumi. Ieri gli interrogatori preventivi davanti al pm Varone e al gip Sacco. Quasi tutti gli indagati sono rimasti in silenzio

PESCARA. Sono 17 le misure cautelari richieste dalla procura di Pescara per una delle operazioni più importanti sul traffico di cocaina e crack nel territorio di Pescara e provincia, condotte dai carabinieri della sezione operativa del Nor del comando provinciale. Significativa anche perché ha permesso di individuare un panorama variegato di spaccio a personaggi della così detta “Pescara Bene”: clienti insospettabili presenti in settori diversi della vita cittadina. Parliamo di imprenditori, ristoratori più che noti con locali in centro città, avvocati, commercianti di gioielli e orologi, un parente stretto di un esponente politico, rivenditori di auto di lusso e tanti altri che figurano nelle carte degli investigatori. Una inchiesta sviluppata in più fasi, partita da gennaio del 2024, e conclusa con l'ultima informativa dei carabinieri del 4 luglio scorso che ha permesso al pm Luca Sciarretta (ora in servizio alla Corte di Cassazione) di stilare ben 430 episodi di spaccio più o meno importante in relazione ai quantitativi (peraltro tutti documentati). Inchiesta che disegna una impressionante ragnatela che avvolge vari settori produttivi della città, dove soprattutto la cocaina scorre a fiumi.

GLI ALBANESI All’apice di questa piramide ci sono tre albanese ritenuti di spessore criminale e senza scrupoli: Elidon Ngiella, detto “Tony” e Kevi Kereci (arrestati a febbraio scorso) e Hergys Myrtaj, questi ultimi due luogotenenti di massima fiducia di Ngiella. «La cocaina», scrive la procura, «confezionata in pacchi da almeno mezzo chilo, è trasportata a Pescara principalmente in treno, ma anche in auto, quest'ultima dotata di un sistema di intercettazione ambientale audio che ha documentato passaggi, consegne e trattative». Sono infatti le intercettazioni l'elemento chiave di questa inchiesta che hanno consentito agli investigatori di eseguire arresti e sequestri di stupefacenti nel corso dei mesi scorsi.

L’AVVOCATO MEDIATORE L'indagine parte da una fonte confidenziale che individuava in un avvocato di Pescara uno dei soggetti dediti allo spaccio fra gli insospettabili di Pescara: una sorta di “mediatore”, come ce ne sono altri in questa inchiesta, che hanno il compito di esaudire i desideri dei clienti più importanti e facoltosi.

L’EX CARABINIERE Ed è nell’approfondire questo input investigativo che si arriva alla seconda fase, dove nel mirino finiscono Antonio Tarroni (un emiliano residente a Pescara ed ex carabiniere) e Luigi Lepore, guardia giurata, «principale fornitore di stupefacenti destinati alla “Pescara Bene”, che effettua esclusivamente turni notturni all’ingresso dell’ospedale Santo Spirito di Pescara». Il terzo step arriva ad individuare i rifornitori di Tarroni, detto “Lo zio”. Ed è proprio un trojan installato nel cellulare di quest'ultimo che consente agli inquirenti di individuarlo come uno dei «principali fornitori di cocaina e crack nell’area metropolitana di Pescara. La sua rete criminale appare ben strutturata e ramificata. Tarroni non si limita a cedere direttamente la sostanza, ma si avvale di una serie di “intermediari” e corrieri che contribuiscono a rendere più difficoltosi i controlli delle forze di polizia. pietra e prosciutto cotto L’organizzazione presenta le seguenti caratteristiche: clienti fidelizzati e ricorrenti; linguaggio criptico (“caffettino”, “mezzo”, “25”, “regali”, il crack viene chiamato “prosciutto cotto”. “Pietra” è invece la coca in forma cristallina); flessibilità commerciale (compensazioni, rate, tagli personalizzati); capacità di approvvigionamento e confezionamento in autonomia.

I FORNITORI Nella rete dei carabinieri, che hanno svolto un lavoro scrupoloso e impegnativo, sono finiti anche personaggi noti negli ambienti malavitosi locali come Roberto Martelli, Bruno Creati, Fioravante Spinelli, Moreno Sagazio che spesso rifornisce Tarroni e quando quest’ultimo ritarda i pagamenti gli dice: «Io ho le persone dietro, questi sono albanesi, quando gli dai una parola la devi mantenere. Io questo mestiere faccio, ho una famiglia, sono uscito da sette mesi dopo dieci anni di galera».

GLI ALTRI INDAGATI E poi ancora, a rischio misura sono anche Davide Di Pietrantonio, Alessandro Sammassimo, mentre nell’inchiesta figurano altri indagati (in totale sono 28) fra cui un noto ristoratore di Pescara (altro mediatore) che una sera contatta Sammassimo (che lavora in una braceria) per farsi dare della cocaina da consegnare a un importante imprenditore che vuole consumarla con gli amici a tavola e che poi riparte dal ristorante con la sua potente auto “di traverso”, come riferisce il ristoratore, per evidenziare come il cliente sia andato via ad alta velocità sotto l’effetto dello stupefacente e questo, spiega la procura, per far intendere «la qualità e la potenza della cocaina spacciata da Sammassimo». «L’episodio», sottolinea ancora la procura, «conferma la modalità organizzata con cui Sammassimo gestisce la distribuzione di droga a clienti di rango elevato, sfruttando rapporti fiduciari con esercenti compiacenti».

TUTTI IN SILENZIO DAL GIP Ieri tutti e 17 gli indagati per i quali è stata chiesta la misura in carcere si sono sottoposti all'interrogatorio preventivo davanti al pm Gennaro Varone e al gip Mariacarla Sacco. Sono rimasti praticamente tutti in silenzio (solo qualche spontanea dichiarazione) e ora si attende solo la decisione del giudice su chi finirà in carcere, chi ai domiciliari, chi riuscirà ad evitare la misura.