«Ecco com'era la Pescara sparita»

Una ex guardia municipale racconta la città che ricordano in pochi

PESCARA. Sono trascorsi 50 anni da quell'11 agosto del 1960 in cui un gruppo di 30 ragazzi entrò a far parte del corpo delle guardie municipali di Pescara. Tra di loro c'era anche Bruno D'Onofrio, in pensione dall'agosto del 2000, dopo 40 anni di servizio. Tanti i ricordi collegati alla sua lunga carriera nel corpo delle guardie del Comune, a partire dal primo servizio in piazza Duca degli Abruzzi, in occasione della penultima coppa Acerbo, prestato quando aveva appena 21 anni. Ricordi da cui viene fuori una Pescara scomparsa, quella del lustrascarpe o dell'uomo che riparava le stilografiche.

Con i colleghi trascorreva la giornata in strada e controllava «tutti gli incroci più importanti, dove non c'era il semaforo. Eravamo noi a regolare il traffico dalla pedana», racconta Bruno D'Onofrio. Un gruppo di giovani che per la città era diventato «un punto di riferimento». Con i cittadini avevano stabilito un contatto «amichevole, ma non per questo meno efficiente», precisa D'Onofrio. 

Dal suo racconto emerge una Pescara che si stava risollevando dopo gli anni difficili della guerra: «piena di traffico e attività». Nei ricordi dell'ex guardia municipale rivivono persone e negozietti che oggi non esistono più e di cui molti ignorano completamente l'esistenza.  In corso Umberto c'era la bancarella di un uomo che riparava le penne stilografiche; e in piazza Sacro Cuore «il lustrascarpe con il suo banchetto».

E ancora il maniscalco di via Caduta del Forte, i ramai di via Battisti, le carrozzelle davanti alla Stazione Centrale, i mercati cittadini come quello invernale di via Battisti, che d'estate si spostava in viale Muzii e in via Regina Margherita. C'era poi il «trenino che dalla pineta arrivava a Penne», che faceva popolare la stazione Centrale tutte le sere «di viaggiatori pronti a ripartire verso l'entroterra». 

Immagini che non sbiadiscono, nonostante il tempo trascorso e le trasformazioni a cui è andata incontro Pescara. Nuovi edifici sorti al posto di vecchi palazzi, modifiche degli allineamenti stradali, la discussa demolizione del teatro Pomponi.  «Negli anni Sessanta alcune attività industriali che si trovavano in centro come il colorificio Cibo di via Chieti, la Ima di via Tiburtina, il pastificio Puritas di via Teramo hanno chiuso definitivamente», prosegue D'Onofrio.

Altre, invece, sono state trasferite: tra queste, il cementificio e il pastificio Spiga. Una città in continuo movimento, che nel 1962 vide l'apertura di un secondo ponte dopo il Littorio (oggi ponte Risorgimento): quello di Rampigna. Negli anni Settanta fu la volta dell'asse attrezzato, nel decennio successivo arrivò il ponte di Villa Fabio.  Una metamorfosi che continua. E che fa sentire Bruno D'Onofrio «sempre più estraneo come cittadino e come ex guardia municipale».

D'Onofrio racconta. Parla dei ciclisti sui marciapiedi, del caos parcheggi, delle strisce pedonali utilizzate non correttamente, delle strade ristrette a causa delle piste ciclabili, degli automobilisti che non usano la freccia: «sono cambiate tante cose, ma soprattutto il modo di vivere».  A cambiare anche la figura della guardia municipale, che D'Onofrio definisce «quasi completamente estinta.

Come è avvenuto per gli spazzini e i cantonieri che curavano le strade di periferia». Le guardie sono diventate vigili urbani prima e poi polizia municipale. «Eravamo meno istruiti di oggi, ma vivevamo in mezzo alla gente. Per questo la gente ci amava».

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