Ex Cofa covo di disperati tra i rifiuti

L'area abbandonata con i cancelli aperti, viaggio nel rifugio dei senzatetto

PESCARA. È una città fantasma circondata dal lusso del ponte del Mare e dagli yacht ormeggiati al porto turistico. L'ex Cofa è un covo di disperati: dentro i capannoni, depredati dai cavi elettrici, ci sono i materassi stesi tra i rifiuti, i panni appesi, le padelle sporche d'olio. Dopo la notte di violenza, paura, degrado, l'ex Cofa, 23 mila metri quadrati di spazio pubblico di proprietà della Regione Abruzzo, resta un mostro che convive con il ponte del Mare costato cinque milioni di euro e progettato dall'architetto Walter Pichler e con il porto turistico Marina di Pescara, albergo degli yacht con 950 posti barca.

L'ex Cofa, con i suoi capannoni abbandonati, è un rifugio per i disperati: «Come sono entrato? Da uno dei cancelli che stanno all'ingresso, sono aperti». A parlare così è un pescarese: anche lui, nella notte tra sabato e domenica, è stato scoperto con altre quattro persone accampate tra i ruderi dell'ex Cofa dopo le grida di una donna trovata stesa su un materasso putrido. La polizia ha allontanato i cinque: sono le le 16,15 di ieri quando il pescarese torna all'ex Cofa con uno zaino dietro le spalle. Insieme a lui arriva anche uno straniero ubriaco. Un altro sfila tra i capannoni con una bicicletta, si ferma davanti a un albero, scende e comincia a raccogliere i fichi.

A cinquanta metri dall'albero cresciuto sotto il capannone abbandonato, all'ombra del tetto di eternit, c'è lo spazio espositivo della Camera di commercio con il tetto ondulato: il degrado a un passo dagli affari. All'ex Cofa, il pescarese e i due stranieri sono entrati dai cancelli. Ce ne sono due: il primo è nascosto sotto il ponte del Mare ed è spalancato; il secondo, lungo la riviera, è chiuso ma basta spingerlo con una mano sola per aprirlo. Così si entra all'ex Cofa, un mostro tra il lusso: dentro la palazzina distrutta che ha ospitato gli uffici dell'ex mercato ortofrutticolo c'è un materasso con sopra un paio di jeans, una maglietta e una valigia. In questa stanza sporca è stata trovata una donna con due stranieri: l'hanno scoperta i poliziotti, gli operatori di sicurezza della Sial security service e i dipendenti del porto turistico.

Le cento stanze dell'ex Cofa sono abitate e si vede anche dal ponte del Mare. Percorrendo i corridoi tra i capannoni, insieme a Fabrizio Cordoano, il titolare della Sial che cura la sicurezza del porto turistico, si vedono i panni stesi ad asciugare - calzini bianchi e rossi, una maglietta grigia, un paio di jeans -, scarpe lasciate sul pavimento, le padelle con l'olio incrostato, scatole di sale e avanzi di cibo. Dell'ex Cofa sono rimasti soltanto i capannoni con il tetto di eternit che si sbriciola: il materiale elettrico è stato rubato. Dentro il locale della centrale elettrica da ventimila volt non c'è più niente. È stato rubato tutto: i cavi, le centraline, gli interruttori. Accanto al locale depredato dalle bande a caccia di rame, c'è anche una centrale elettrica che fornisce energia alla riviera di Porta nuova: per fare la manutenzione, gli operai dell'Enel sono costretti a lavorare nel degrado e a stare attenti ai disperati.

Tra i capannoni c'è anche un box prefabbricato con le porte spaccate dai vandali, i water distrutti, i lavandini rotti: soldi pubblici in fumo. «L'ex Cofa è un pericolo per i cittadini e un colossale simbolo di degrado civile e urbanistico», secondo i consiglieri comunali del Pd Florio Corneli e Giuliano Diodati. Corneli e Diodati sono i firmatari di una mozione «per l'abbattimento dei capannoni e la bonifica». Una mozione del 13 maggio che, fino a oggi, non è stata discussa dal consiglio comunale anche se denuncia «rischi per la salute» a causa dell'amianto e la «decadenza» del complesso.

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