Fa a nuoto lo stretto di Messina, la storia di Matteo Berardi: «Ho vinto contro me stesso»

3 Agosto 2025

Il mental coach di 40 anni dalla Sicilia alla Calabria in un’ora e mezza di bracciate: «So chi ero quando mi sono immerso in mare, ma non so chi è poi arrivato dall’altra parte»

PESCARA. «A volte non ci rendiamo conto di quello che davvero potremmo fare perché non ci diamo veramente la possibilità di farcela». Nessuna classifica finale, solamente una gara con se stessi. E il pescarese Matteo Berardi, 40 anni, lo scorso 13 luglio ha vinto a nuoto la sua sfida: bracciata dopo bracciata, si è fatto spazio nel blu, attraversando lo stretto di Messina a nuoto. Con lui, una trentina di compagni da tutta Italia, accomunati da un unico obiettivo: superare sè stessi, mettere a tacere quella vocina interiore che vorrebbe soffocarli tra le mura della paura.

Racconta e ricorda Matteo: «Quando mi hanno proposto di attraversare lo stretto di Messina a nuoto ho sentito di avere paura, ho provato quella stessa resistenza che ti impedisce di fare delle scelte, magari per timore di metterti in mostra o di prendere una decisione. Per questo ho deciso di farlo».

Lasciata la costa della Sicilia, il cronometro ha iniziato a scandire il tempo. Per Matteo c’era solo il mare, il suo obiettivo, la sua vittoria. Ogni bracciata è stata una dimostrazione di forza di volontà, con il traguardo che si avvicinava sempre più. «È necessario rimanere lucidi», dice il 40enne pescarese che di professione fa il mental coach, «nello Stretto il pericolo maggiore è costituito dalle correnti marine».

Con Matteo c’era il compagno con cui è partito. Ma improvvisamente l’altro ragazzo si è fermato durante la traversata a nuoto: «Non si è sentito bene, i soccorsi sono intervenuti, io ho continuato». In queste occasioni è importante per Matteo lasciare la mente libera da qualsiasi pensiero negativo. E così lui è andato avanti. Quando ha scrutato finalmente l’altra sponda ha capito di avercela fatta. Gli ultimi dieci metri controcorrente. Così Matteo ha vinto contro le sue paure, ha distrutto i limiti che tentavano di intrappolarlo: la resistenza del mare gli dev’essere parsa una goccia d’acqua rispetto all’oceano interiore che ha battuto. In un’ora, 31 minuti e 34 secondi ha raggiunto la costa della Calabria, percorrendo quasi 4 chilometri.

Ce l’ha fatta senza essere inghiottito dall’ira di Cariddi, l’implacabile guardiana della sponda sicula affrontata da Enea, o lacerato dalla voracità di Scilla, in cui Ulisse si è imbattuto. Ma qualcosa Matteo ha perso: i due “mostri” gli hanno strappato il timore che lo limitava, l’hanno liberato di quella parte di lui che non voleva vederlo soddisfatto e se ne sono nutriti.

«So chi ero quando mi sono immerso nelle acque della Sicilia, ma non so chi ha poi toccato le sponde della Calabria», commenta Matteo, alludendo al suo cambiamento interiore o meglio al “percorso di rinascita”, come lui lo definisce: «La vittoria ha influito sulla mia sicurezza, perché ho avuto la conferma che tutto si possa fare. Il mio lavoro da mental coach mi porta ad aiutare gli altri, ma anche me stesso, perché mi chiede di lavorare costantemente su di me, decostruire i miei timori, come in questo caso».

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