Femminicidio a Pescara, l'amica di Jennifer: «Lei non lo amava più, lui la seguiva, era geloso»

Ludovica aveva accompagnato la vittima per il trasloco finito in tragedia. «Davide voleva essere presente, e chiedeva: quando tornate per l’ultimo carico?»

PESCARA. «Jennifer diceva di non amare più Davide. Voleva lasciarlo perché non si trovava, avevano idee diverse, lei voleva al suo fianco un uomo, specie dopo la morte del padre. E poi lui si mostrava geloso, le faceva le poste davanti al negozio dove lavoravamo insieme». Ludovica Lembo, amica e collega della giovane uccisa in via Acquatorbida, non riesce a credere che Jennifer sia stata accoltellata dal fidanzato e che tutto sia successo mentre lei era lì, insieme a Jennifer, impegnata nel trasloco.

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Le due ragazze lavoravano insieme nel negozio di calzature Noa Collection, tra corso Vittorio Emanuele e via Trento. Avevano subito «legato», racconta Ludovica, si era creato un rapporto «molto stretto» e Jennifer le raccontava della sua relazione con Davide. Domenica sera, dopo essere uscita con Ludovica ed essersi confidata con lei, Jennifer ha detto al fidanzato di voler rompere per sempre, ha dormito con lui e lunedì mattina è andata via portando con sé alcune cose, con l'aiuto della madre Fabiola, che l'ha accolta in casa. I due erano rimasti d'accordo che lei sarebbe tornata venerdì a prendere tutto il resto, con il furgone messo a disposizione dal negozio di calzature, e a guidarlo sarebbe stata Ludovica (visto che la 26enne aveva la patente ma non guidava).

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«Davide voleva starci, voleva assistere al trasloco», nonostante Jennifer gli avesse detto di poter fare tutto in sua assenza. E quando si è presentata venerdì mattina, verso le 10, con la madre e l’amica, «lui si è mostrato collaborativo, tranquillo». Il furgone è stato caricato e il contenuto trasportato a casa della madre di Jennifer in due viaggi diversi. Poi, verso mezzogiorno, il mezzo era di nuovo carico e pronto per il terzo e ultimo viaggio: mancavano solo un tablet, che Davide ha chiesto espressamente a Jennifer venerdì ma lei ha risposto che lo avrebbe restituito solo ieri «perché andava ripescato tra le tante buste», e poi un computer. Il resto era stato preso, Jennifer e Davide stavano per dirsi addio, quando lui ha chiuso la porta di casa e l'ha trattenuta.

«Io era scesa a portare le ultime due buste, Fabiola è entrata nel piazzale con la Fiat 600 e ha aperto il cofano. Abbiamo sentito Jennifer urlare, siamo andate alla porta e abbiamo provato ad aprirla, a calci. Fabiola ha colpito la finestra con una scopa, ma c'era comunque una inferriata che avrebbe impedito l'ingresso. Jennifer, però, non si sentiva più». Ed è stato allora che le due donne hanno capito. La madre della 26enne si è sentita male in strada e in quegli istanti la porta di casa si è aperta dall'interno. «Io non ho avuto il coraggio di salire, non sapevo cosa avesse in mano Davide, ho pensato alla mia bimba di pochi mesi e ho deciso di non andare oltre. È salito un vicino, richiamato dalle urla di Fabiola, e ha visto la scena» di sangue.

Ludovica è «senza parole», non le sembra «vero», non crede che sia successo proprio a Jennifer né pensava che «Davide potesse farle una cosa del genere». Non crede affatto, come ha sostenuto Troilo durante l’interrogatorio, che la sua amica si sia accoltellata. Jennifer, dice, «aveva una forza incredibile nell’affrontare la vita e la vedevi sempre con il sorriso». Venerdì, poi, «mi aveva mostrato dei biscotti da mangiare insieme il pomeriggio». Ripensando alle ultime ore trascorse insieme, a Fabiola viene in mente una frase, ripetuta con insistenza da Davide quando il furgone stava per fare il secondo viaggio: «Quindi tornate, per l'ultimo carico?». Chissà che aveva in mente.

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