"Gianni California", la voce delle prime radio pescaresi

Da Radio Luna a Discoring, passando per Claudio Cecchetto. De Berardinis racconta gli inzi e i personaggi di allora

PESCARA. «Da Porta Nuova a Montecarlo, e chi ci poteva credere». Gianni De Berardinis, pescarese classe 1955, è la storia delle radio private e di quello che è venuto dopo. Un successo dietro l’altro iniziato nei primi anni Settanta con Radio 7G7 e la neonata Radio Luna nel primo studio di piazza Salotto a parlare di west-coast e musica californiana (che gli valse il soprannome di Gianni California), fino ai microfoni di Radio Montecarlo, Radio 24, Radio 2, R101, Rtl 102,5 e importanti parentesi televisive con la conduzione di Discoring su Rai 1, di Popcorn su Canale 5, la partecipazione a Buona domenica con Maurizio Costanzo e la produzione e conduzione di Caffè Italia per Odeon Tv, tanto per citare le più importanti. Un viaggio che oggi lo vede «incastrato a Milano per lavoro» (all’emittente radiofonica di Tv2000), ma che ogni volta, appena può lo riporta a Pescara. Anzi, a Porta Nuova.

Che valore ha Pescara?
Ci sono nato. A Porta Nuova, in via Marconi 17, anche se poi abbiamo abitato in via dei Peligni. Ho fatto le elementari alle Domus Mariae con suor Angelina e le medie alla Tinozzi, mi ricordo il professore di matematica Melchiorre. Un tipo da libro Cuore, un genio, con dei baffi importanti, chino sul bastone. Poi il Manthonè e due anni di Giurisprudenza a Teramo che non ho finito.

Com’era la sua famiglia?

Mio padre Guido era un dirigente della società torinese Rivoira che produceva gas e derivati dell’ossigeno per uso industriale. Era di Città Sant’Angelo, aprì una filiale a Pescara ma è morto nel 1966 lasciando mia madre Vanna vedova a 36 anni e con tre figli. Faceva la sarta mia madre, sarda di Tempio Pausania.E poi i miei fratelli. Franco, avvocato che vive a Rimini e Anna, fisioterapista. Abita a Pescara con il marito Sisto Rainaldi. È da lei che sto, quando torno.

E lei che tipo era?
Sono il secondo, e sono sempre stato l’atipico, della serie “chi è cussù?” quello che non si riusciva a collocare. Perché il mio pallino erano le chitarre e la musica, ed ero molto timido. A otto anni andavo vestito come Paul Mc Cartney, con gli stivaletti con i tacchetti, le camicie a fiori e i capelli lunghi e mio padre mi comprò la prima chitarra in un negozio di elettrodomestici, perché allora a Pescara non c’erano negozi di musica. Oggi ho 200 chitarre acustiche in legno.

E la radio, com’è iniziata?
Ero un collezionista di dischi, sapevo tutto di pop west- coast e musica californiana. Stavo sempre a piazza Salotto, alla palma “politica” ma solo a parlare di musica, con tanti dischi dietro. E lì, ai palazzi Testa c’era lo studio di Radio 7g7 di Gianni Lussoso con cui poi don Peppe De Cecco si mise in società. Mi dissero di andare e iniziai, era il 1975. La radio si trasformò nel vero salotto della piazza. Tutti quelli che giravano di notte salivano e in pochi minuti si trovavano davanti al microfono.

Chi c’era?
Adriano Lapi, un intellettuale pescarese detto il professore, Claudio Tinaro detto Scheletrino, Peppe, Ugo Nigrisoli campione di pallacanestro.

E Radio Luna ?
Quando finì Radio 7G7 De Cecco mi disse di andare con lui in questa nuova avventura in corso Manthonè, in una palazzina allestita con cose incredibili. Avvenne così il salto dall’amatoriale al professionale. Oltre a me c’era un ragazzo di Detroit, Mister D che metteva i dischi all’Honeypot e poi Foxy John, Luigi Rosica, che faceva i programmi di dedica. Io andavo in onda con il programma country rock e west-coast music. Ero di Porta Nuova ma mi sentivo californiano, la mia città ideale era San Francisco senza esserci mai stato, tipo Salgari. E da allora mi diedero il soprannome di California. Gianni California, un nome assurdo, ma ci feci pure un programma, faceva parte di quel folklore. Andava in onda alle due del pomeriggio, l’ascoltava tutta Pescara.

Che periodo era?
Era il 1976, le radio private nascevano come funghi, ma noi eravamo la più ascoltata. In quel periodo ho conosciuto i cantautori più importanti.

Venivano alla radio?
Me li mandava Fiorella Foglietta, un incontro fondamentale. Lei stava alla Rca, in via Sulmona c’era il deposito e l’ufficio di promozione. Mi ha portato Venditti, De Gregori, Graziani, Rino Gaetano quando non lo conosceva nessuno.

E com’era Rino Gaetano?
Quando venne a Pescara andammo a prenderlo alla stazione con la mia Dyane. Disse subito “annamo a magnà”, lo portammo al Nastro Azzurro, poi andò a incontrare un’amica e ci rivedemmo dopo.

E Ivan Graziani?
L’ho conosciuto quando veniva a suonare a Pescara con Nino Dale e la sua orchestra, Ivan suonava la chitarra da pazzi e per me era un mito. Diventammo amici.

Il grande salto quando?
Dopo Radio Luna passai alla Rai abruzzese, facevo delle interviste settimanali, ma non mi bastava. Lessi su Ciao 2001 un bando di concorso di Radio Montecarlo che cercava giovani disc-jockey. Mi iscrissi, feci una prima audizione a Roma e dopo tre mesi mi chiamarono tra i primi dieci dopo una scrematura di 5mila persone. Ci fecero fare una specie di “Amici”, tre mesi a fare su e giù da Pescara a Montecarlo in treno per questa gara ad eliminazione che alla fine vinsi. E all’improvviso mi trovai da Pescara Porta Nuova al Principato di Monaco, era il 1980. In due mesi mi misero nella griglia dei dj più importanti, con Luisa Berrino, Awanagana. Andavo in onda a mezzogiorno con il gioco del milione.

Un ricordo.
Quando invitai mia madre al Ballo della Rosa, la cerimonia più importante del Principato. Era vedova, andava vestita tutto di scuro. La feci venire in aereo e presi il tavolo più vicino a Grace Kelly e lei continuava a chiedermi, ma davvero questa è Grace?

E Discoring?
Anche questo per caso. Era il 1981. Capitai a Roma e incontrai un’amica discografica che mi disse che la Rai stava facendo le audizioni per Discoring. Non ci volevo andare, mi convinse la mia fidanzata di allora. Avevano già preso uno, ma quando mi misi a parlare scese il regista e mi disse che volevano me. S’iniziava la domenica successiva. E mi cambiò il mondo.

Come?
Con la tv ero entrato nella famiglia dei vip. Mi sembrava tutto strano ma l’affrontavo normalmente, anzi mi stupivo perché facevo sempre le stesse cose. Solo che lavoravo con Pippo Baudo, conobbi tutti.

E Claudio Cecchetto?
Cecchetto mi chiamò a Milano, stava producendo un programma musicale, Popcorn, per Canale 5 e mi volle come conduttore. Erano i primi anni Ottanta, conobbi anche Berlusconi, perché visionava le cassette di tutti i conduttori e mi volle conoscere. Andammo ad Arcore con una Volkswagen scassata io e Marco Columbro. Ci trovammo in una festa, lui accoglieva tutti personalmente, con un sorriso pazzesco. Gli chiesi la toilette e mi disse scelga quale vuole, ce ne sono cento. Poi lo rividi a fine festa e gli dissi che ero stato in quella che aveva un quadro di Goya sulla porta. E mi portò a vedere la sua pinacoteca. In quegli anni mi ritrovai a vivere al residence di Milano 2, i miei vicini di casa erano quelli che facevano Premiatissima. E ho capito il meccanismo dello spettacolo: finchè appari in televisione ci sei, ti salutano tutti. Sennò non sei nessuno.

Ma a Pescara ci tornava?
Sempre volentieri, ma a fatica. Anche adesso ho sempre voglia di fare il bagno nel mio mare.

E qual è?
Sono andato ovunque. Eriberto, È nata una stella, la Capponcina. Ora quando torno vado alla Pineta con i miei figli. Greta di 18 anni che vive a Los Angeles e Lorenzo, 15 anni, pescarese convinto. Mi chiede sempre di tornare a vivere a Pescara. E ci tornerei anche.

Com’è cambiata Pescara?
Hanno rovinato il corso, piazza Salotto. Anche se adoro Porta Nuova, mi piace passeggiare in viale D’Annunzio e in tutte quelle traverse, tra quelle case. Ma torno anche in via Regina Elena, dove andavo da Thomas, da Maurizio, e da Maruzzella. Ma non c’è più niente. È cambiata la gente.

In che modo?
Pescara ha perso il tratto della sua identità: la signorilità. È sempre stata una città di grandi signori, gente anche semplice ma sempre accogliente, abituata a scambiarsi buongiorno e buonasera con il sorriso. Adesso invece Pescara cerca di assomigliare a cose che non la riguardano, tipo Barcellona. Anche i bar hanno perso identità. Prima il bar ti dava un’appartenenza: Cacique, Camplone, Berardo, Tempera: ognuno aveva il suo bar, ognuno il suo pubblico di riferimento.
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