Hotel Rigopiano, i resti dell'albergo diventano la scena del crimine

Nel resort l'intervento dei carabinieri del Racis di Roma per eseguire i rilievi. I dati saranno poi studiati dai consulenti della Procura  per ricostruire la dinamica della tragedia

PESCARA. L’Hotel Rigopiano come la «scena del crimine». Questa mattina, intorno alle 11, entreranno nell’albergo distrutto i carabinieri del Racis di Roma. Il loro compito è ricostruire quello che è successo puntando sugli indizi, anche i più insignificanti. Un sopralluogo tecnico per misurare ogni dettaglio del resort diventato una tomba per 29 persone dopo una valanga dalla forza di 4 mila camion carichi di neve, alberi sradicati e rocce. L’intervento del Racis si inserisce nella fase delle perizie, la più lunga che condizionerà l’andamento del processo che verrà. Ecco perché il procuratore capo Cristina Tedeschini e il pm Andrea Papalia hanno chiesto il supporto degli esperti dei rilevamenti. Numeri che si aggiungeranno ai dati già elaborati da un gruppo speciale dei vigili del fuoco di Firenze e Pisa, il nucleo Usar: i vigili del fuoco dell’Usar sono stati tra i primi a entrare nei resti del Rigopiano per ricostruire gli spazi e aiutare i colleghi a muoversi all’interno di stretti cunicoli alla ricerca di superstiti e vittime, ma anche per predisporre carte e relazioni da trasmettere alla procura.

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Il Racis dei carabinieri si aggiunge ad altre tre forze dell’ordine già impegnate nell’indagine aperta per i reati di omicidio plurimo colposo e disastro colposo: i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal maggiore Massimiliano Di Pietro, e i forestali, diretti dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi, stanno passando al setaccio i fronti dell’allerta valanghe ignorato, con il bollettino Meteomont che segnalava un rischio sempre crescente dal lunedì al mercoledì della tragedia mai arrivato al Comune di Farindola, e la costruzione del resort, dai primi permessi risalenti al 1967 fino alla ristrutturazione e all’ampliamento del 2008 con la realizzazione del centro benessere e di altri due edifici in legno accanto al corpo centrale. Poi, al lavoro c’è anche la squadra mobile, coordinata dal capo Pierfrancesco Muriana: la polizia ha il compito di ricostruire quello che è successo nella macchina dei soccorsi scavando nei comportamenti degli enti a partire dalla prefettura di Pescara con l’Unità di crisi per fronteggiare l’ondata di maltempo. Telefonate incrociate con testimonianze che, finora, hanno già rivelato un ritardo di circa due ore.

Ma, adesso, il pallino del gioco è passato nelle mani di tre consulenti della procura, due ingegneri del Politecnico di Torino, uno strutturale che si concentrerà su quello che resta dell’albergo per valutare la consistenza dei materiali e uno ambientale che esaminerà i luoghi circostanti, e poi un geologo che avrà il compito di ricostruire le cause della valanga. Sarà una fase che potrebbe durare circa tre mesi. E dai responsi tecnici e scientifici dipenderanno i prossimi passi dell’inchiesta: finora, non ci sono indagati e l’orientamento della procura è quello di non iscrivere possibili responsabili almeno fino a quando i tecnici non avranno dato le proprie risposte sul disastro.

Ci vorranno meno di due mesi per le relazioni finali delle autopsie eseguite dai medici legali Ildo Polidoro di Pescara e Cristian D’Ovidio di Chieti. Le prime indicazioni dicono che le vittime (17 nella zona tra la hall e il bar, 10 nelle cucine e due nella sala del camino) sono morte quasi tutte sul colpo: la forza con cui la valanga si è abbattuta sull’hotel e il crollo immediato dell’edificio non hanno lasciato scampo a clienti e personale. Traumi, schiacciamento e asfissia sono le cause che hanno portato ai decessi, improvvisi o al massimo nel giro di poche ore. (p.l.)