I mobili di De Zelis tre generazioni di arte con il legno

20 Aprile 2013

L’artigiano di via San Domenico racconta la lunga tradizione della famiglia: «Porto avanti la bottega del mio bisnonno»

MONTESILVANO. È una vecchia foto in bianco nero a raccontare la storia di un mestiere e di una famiglia che hanno viaggiato parallelamente nel corso di tre secoli per arrivare insieme fino al giorno d’oggi. A custodirla gelosamente è Ludovico De Zelis, mobiliere e titolare del negozio Artearredo, allo stesso indirizzo, via San Domenico 34, dove quasi 100 anni fa nacque l’attività Mobilificio e serramenti Fratelli De Zelis.

«Faccio questo mestiere da 53 anni», racconta, «da quando ho deciso di portare avanti l’attività di famiglia creata dal mio bisnonno Antonio, passata poi prima a mio nonno Giuseppe e poi a mio padre Vittorio e suo fratello, per arrivare fino a me. In realtà loro erano ebanisti, io no. Ho studiato da geometra, però, mi sono sempre dilettato con il restauro e la lucidatura a mano, che pratico ancora oggi». Un lavoro, quello della famiglia De Zelis, nato a Montesilvano colle nell’Ottocento con il capostipite Antonio De Zelis e poi arrivato in centro nel 1920 quando il padre dell’attuale mobiliere decise di trasferirsi nella parte bassa della città. Un mestiere in parte mutato con gli anni ma che continua a mantenere alcune caratteristiche tramandate di generazione in generazione: «Lavoro il materiale grezzo che acquisto già fatto nell’Italia dell’est», spiega, «ma lo lucido ancora a gommalacca come faceva mio nonno. Ho mantenuto la tradizione». De Zelis racconta poi di come sia cambiato il lavoro in questo lungo cinquantennio: «Una volta avevamo tanti operai oggi sono “padrone e sotto”, tranne quando mi dà una mano mio figlio che però non ama questo mestiere e quindi ha scelto altre strade nonostante sia molto portato, addirittura più bravo di me. Negli anni Settanta ci siamo focalizzati di più sul commercio», prosegue, «ma poi siamo tornati al restauro e alla lucidatura perché, anche se il lavoro va scemando, abbiamo una clientela fidelizzata che da cent’anni si tramanda e continua a sceglierci perché noi abbiamo dei buoni prezzi. Questo è possibile», rivela, «perché acquistiamo il grezzo dagli artigiani e poi lo lavoriamo qui, ma non abbiamo altre spese dal momento che non ci sono dipendenti e il locale è di proprietà».

Ma anche i fornitori con il tempo sono cambiati. «Fino a qualche anno fa questo genere di arredamento andava molto e non si arrivava. Conoscevo circa 580 fabbriche di artigiani, oggi ne sono rimaste una decina. Il resto si produce in Romania e Polonia», dice De Zelis, «ma qualitativamente la merce è più scadente quindi acquistiamo da quei pochi che sono rimasti nel Veneto e ci stiamo spostando anche in Lombardia dove la tradizione è rimasta. Anche se oggi i giovani sono più portati ad abbinare qualche piccolo pezzo antico con il moderno, e devo dire che lo fanno anche sapientemente, mentre prima si sceglieva molto il classico, considerato intramontabile».

Il mobiliere confessa poi di non temere minimamente la concorrenza delle grandi catene di mobili low cost, come ad esempio Ikea. «Non c’entra niente la mia merce con la loro, è come paragonare una Ferrari a una Fiat. Siamo su due pianeti diversi, quindi per me quella non è concorrenza, come non lo sono tanti commercianti che espongono ai mercatini dell'antiquariato mobili che non sono antichi ma vecchi e mal tenuti. Le persone li comprano ad un prezzo magari conveniente ma poi devono spendere molto di più per il restauro». Ludovico De Zelis spiega poi che il suo è un lavoro che si apprende facilmente purché ci sia una passione alla base, una buona dose di pazienza, poiché viene fatto tutto a mano, e una certa cultura del legno che consenta di capire quando e come tingere i diversi materiali nella maniera più appropriata: «È un lavoro che dà molte soddisfazioni perché crei qualcosa con le tue mani, non dal nulla ma quasi», commenta De Zelis che ricorda ancora i consigli appresi principalmente da suo padre e suo zio che gli hanno insegnato quanto siano importanti, in questo mestiere, tre fattori: il grezzo, le proporzioni e la finitura. «Sono convinto nel dire che è un lavoro che consiglierei ai giovani e in particolare alle ragazze, perché hanno più gusto, più classe, più pazienza e sono molto più precise degli uomini». Infine, alla domanda quando andrà in pensione con un sorriso dichiara: «Ho 69 anni e sarebbe anche ora, ma per me è fondamentale portare avanti la tradizione e il mio ultimo giorno di lavoro sarà quello precedente alla mia morte».

Antonella Luccitti

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