Si fa arrestare perché non sa dove dormire

14 Maggio 2025

Viola la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla famiglia, il figlio ricorda in aula gli episodi: «Adesso parla solo con me»

PESCARA. Non è servito a molto l'ammonimento del questore e neppure la misura cautelare di divieto di avvicinamento alla famiglia per un pescarese di 59 anni, finito sotto processo per maltrattamenti in famiglia. Una convivenza lunga quasi 20 anni, distrutta da stupefacenti e alcol di cui l'uomo faceva uso (attualmente si trova in una comunità per cercare di uscire fuori dal tunnel). Nella misura il gip Cingolani fu molto chiaro descrivendo i comportamenti dell'imputato: «Ha una personalità aggressiva, violenta e incurante della libertà personale della vittima, nonché della sua integrità fisica e psichica». Una misura che l'uomo, disperato perché non aveva più dove andare a dormire, violò volutamente: un giorno telefonò alla polizia e disse che si trovava sotto casa della ex e stava violando la misura, per tornare in carcere e avere quantomeno un tetto e un pasto.

I diversi episodi che determinarono la donna a sporgere denuncia nei confronti del marito, ieri sono stati ripercorsi in aula, davanti al collegio, dal figlio appena maggiorenne. «Erano scontrosi, non erano mai d'accordo e mio padre era violento, ma solo verbalmente. A mia madre urlava insulti, ma mai passando alle mani». Il pm Gennaro Varone gli chiede di riferire di un episodio in particolare. «Quel giorno - dice il ragazzo - ero in camera mia quando sentii urlare mia madre e uscii: vidi mio padre con un coltello in mano, ma fortunatamente non accadde nulla».

Il teste riferisce (che all'epoca dei fatti, nel 2023, era ancora minorenne) anche del "tartassamento" di telefonate che il padre faceva alla madre con tanto di insulti. Qualche volta, quando non riusciva a parlare con la moglie, l'imputato chiedeva al figlio di riportarle i messaggi: «Di’ a tua mamma che se la vedo di nuovo qui sotto le taglio la gola». Numerosi, nel tempo, anche gli interventi di polizia e carabinieri chiamati dalla donna e che raccoglievano anche le dichiarazioni del figlio che, ad esempio, riferì che poco prima il padre, ubriaco, aveva messo a soqquadro l'abitazione, inveendo contro la madre per poi uscire.

Poi, dopo l'ingresso dell'imputato in una comunità, le cose sono cambiate: «Quegli atteggiamenti finirono quando andò in comunità - riferisce il ragazzo - adesso parla solo con me, con mia madre poco o niente». Nel corso della prossima udienza il difensore, l'avvocatessa Maria Teresa Di Donato, ha chiesto l'esame del suo assistito, anche perché sembra che poi le questioni si siano appianate e i rapporti siano ripresi molto più civilmente tra i due. Il 16 giugno ci sarà anche la discussione e la sentenza.

@RIPRODUZIONE RISERVATA