Il calice di Ito rotto per sempre

L’architetto della procura: «E’ compromesso, troppo costoso recuperarlo».

PESCARA. «Il calice di Toyo Ito è compromesso, non si può riparare. La rottura è tale che, aggiustarlo, sarebbe molto dispendioso e quindi non conveniente. Per il momento deve restare lì, non può essere spostato, altrimenti le sue condizioni potrebbero aggravarsi, ma resta un’opera d’arte di grande valore, di uno dei cinque architetti più importanti al mondo e vorrei che venisse recuperata anche se parzialmente e collocata in un luogo dignitoso». Domenico Lucarelli è l’architetto incaricato dalla procura a eseguire le perizie sul calice di Toyo Ito: un’opera che ammira, di cui invita a cogliere il senso di «evanescenza che esprime», «il suo carattere pionieristico» e «il valore artistico». «E’ arte», dice Lucarelli, «e sono tante le opere arrivate fino a noi ristrutturate». Eppure, il giudizio dell’architetto è costretto a cedere alla scientificità del tecnico che parla di un calice che la città non riavrà più integro.

LESIONI Com’è oggi il calice di Ito? Ieri mattina, Lucarelli, progettista specializzato in nuovi fabbricati e ristrutturazione, è tornato in piazza Salotto con il gruppo di lavoro: il suo consulente procedimentalista, l’ingegnere Giuseppe Cauti, il tecnico comunale, Lorenzo Giammattei, e il tecnico della Clax Italia, la società di Pomezia che ha realizzato l’opera, Mario Amoruso. Le condizioni del calice, a distanza di nove mesi, da quel 16 febbraio in cui si è spaccato, sono peggiorate. «Le lesioni sono aumentate», dice Lucarelli, «anzi si può dire che ci sia stata un’inversione, perché la profonda spaccatura che attraversa tutta l’opera si è ristretta da cinque a tre centimetri ma, intanto, si sono create altre lesioni».

Nominato sei mesi fa dalla procura, l’architetto si è fatto un’idea abbastanza precisa sul destino dell’opera - «la trovo compromessa» ripete - e l’ha detto anche al tecnico della Clax Italia. Ma, per il momento, non è riuscito a trovare una risposta sul perché l’opera salutata il 14 dicembre scorso da una piazza stracolma e addobbata per Natale, abbia ceduto.

LA CHIMICA Il materiale, il polimetilmetacrilato, il progetto di un’opera unica, «che non esiste di queste dimensioni», aggiunge, la sua realizzazione a blocchi, l’escursione termica: un insieme di fattori in cui Lucarelli si sta destreggiando per cercare di trovare un ordine.
Dai sopralluoghi di questi mesi, sono state comunque scartate alcune ipotesi. «Escludo, ad esempio, un colpo dato con violenza», prosegue Lucarelli, «mentre, dopo l’ultima perizia, percorrerò due strade: una chimica e un’altra fisica».

La consegna della perizia definitiva è fissata al 12 dicembre, anche se probabilmente l’esame dei campioni slitterà a gennaio. Il polimetilmetacrilato, il materiale con cui è stato realizzato il calice, è liquido e, una volta manipolato, diventa come uno sciroppo e poi solidifica. «Questo è quello su cui ci concentreremo e che abbiamo riportato nel verbale stilato dopo il sopralluogo: preleveremo dei campioni per analizzare la chimica del manufatto».

L’OPERA UNICA Il calice di Toyo Ito, inaugurato lo scorso 14 dicembre, l’ultimo atto di Luciano D’Alfonso, che sarà arrestato il giorno successivo, è il sigillo alla città moderna. Un’opera attesa dai pescaresi, che ha diviso, che è piaciuta per la sua forma e anche per la firma prestigiosa o che non è piaciuta perché decontestualizzata dal resto della piazza. «E’ stata soprattutto un’opera pionieristica che non esiste in nessun’altra parte», dice Lucarelli. «Ci sono opere cilindriche di quel materiale, ma non parallelepipedi alti cinque metri».

La sua unicità, da cui deriva anche la sua problematicità, è nascosta in quel materiale usato e che non ha permesso di realizzarla come un unico blocco monolitico ma che, con il benestare dell’artista giapponese, è stata realizzata in più strati facendo scaturire, forse, problemi relativi all’incollaggio. «Ma l’idea di Ito è stata rispettata dalla Clax Italia: all’interno dell’opera c’è il bicchiere di vino, il rosso Montepulciano, che dà un senso di evanescenza».

«E’ un’opera d’arte che deve essere rispettata», continua l’architetto. «Ripararla richiederebbe una grande maestria e sarebbe molto dispendioso e quindi non credo che converrebbe, ma vorrei che venisse recuperata, messa in un ambiente chiuso e dignitoso. Vorrei suggerire di salvarla e non di abbandonarla».

UN’ALTRA PIAZZA Intanto, il sindaco Luigi Albore Mascia desidera un altro salotto per i pescaresi con il ritorno delle magnolie e con un’opera identitaria della regione, come quella di Pietro Cascella. Ora il calice non può essere spostato da piazza Salotto ma il sindaco chiede ai cittadini quale potrebbe essere la sua collocazione. «Il calice resterà nella piazza fino a quando non saranno concluse le perizie tecniche. Vorrei però lanciare un sondaggio popolare sulla sua destinazione», dice il sindaco. «La mia proposta è quella di chiedere ai cittadini se immaginano di lasciare il bicchiere nella piazza, se preferiscono spostarlo nel cortile della facoltà di Architettura oppure in un altro posto della città. Ascolterò tutte le idee».