Il cementificio annuncia la sua fine: a casa 34 lavoratori

La società Sacci ha dichiarato la cessazione dell’attività Appello della Cgil: «Intervengano subito le istituzioni locali»

PESCARA. Il cementificio di Pescara chiude definitivamente i battenti. Per i 34 dipendenti che ancora lavorano nello stabilimento di via Raiale significa cassa integrazione a zero ore e poi licenziamento. A dare la drammatica notizia è stato ieri il segretario generale della Fillea Cgil di Pescara Massimo Di Giovanni. «Il 19 maggio scorso», ha detto il sindacalista, «al ministero del Lavoro è stata dichiarata, da parte di Sacci spa, la cessazione dell’attività del cementificio di Pescara. La decisione è scaturita nell’ambito del ritiro della procedura di mobilità per licenziamento collettivo riguardante gli stabilimenti che producono cemento, quali Castelraimondo (Macerata), Pescara, Livorno, la sede di Roma, nonché gli impianti di divisione calcestruzzi».

«Il cementificio di Pescara non ha ricevuto lo stesso trattamento degli altri», ha aggiunto, «a differenza di quelli di Macerata, Livorno e sede di Roma che hanno avuto la cassa integrazione guadagni in deroga per 5 mesi e 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria con casuale crisi aziendale. Ha ottenuto la Cigs per 12 mesi ma, purtroppo, per cessazione di attività».

Un duro colpo per i 34 lavoratori, che ora avranno un anno di cassa integrazione prima del licenziamento. Tra l’altro, a detta del segretario Fillea, i soldi non arriveranno subito, ma i dipendenti dovranno attendere almeno 7 mesi per il decreto ministeriale che darà il via libera alla cassa integrazione.

«Pertanto, il 25 maggio partirà la Cigs per cessazione dell’attività», ha affermato Di Giovanni, «e la Sacci ha già decretato che nell’eventuale piano di salvataggio non è ricompreso il cementificio di Pescara». Per agevolare l’uscita dei lavoratori, è stata prevista «un’indennità di 3mila euro per chi volesse, entro 120 giorni, accedere alla mobilità».

«La direzione Sacci», ha osservato Di Giovanni, «non ha voluto, nonostante vi fossero possibilità tecniche per farlo, far rientrare anche il cementificio di Pescara in una Cigs per crisi aziendale, come è stato fatto per altri stabilimenti».

Da qui le accuse del sindacalista. «Le istituzioni, ossia coloro che hanno responsabilità di governo a vari livelli», ha sottolineato il segretario Fillea, «forse, avrebbero dovuto farsi sentire di più, ma così non è stato».

E poi un appello: «A questo punto riteniamo che le istituzioni, auspicando che almeno questa volta si facciano sentire di più, ossia Asl, Regione, Comune, dovrebbero adoperarsi immediatamente, per quanto di loro competenza e responsabilità, alla verifica della messa in sicurezza, nonché all’eventuale bonifica dell’impianto». «Riteniamo», ha concluso, «che si sia chiusa una tristissima pagina per i lavoratori, da parte di una società che vuole tentare, tramite il concordato preventivo, di riportare in bonis il gruppo».

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