Il dramma del 9 maggio. Con decine di Comuni a secco

TERAMO. L'allarme scattò nel pomeriggio di martedì 8 maggio. Quel giorno Ruzzo Reti, la società acquedottistica teramana, pubblica una nota nella quale fa sapere che la Asl ha dichiarato non...

TERAMO. L'allarme scattò nel pomeriggio di martedì 8 maggio. Quel giorno Ruzzo Reti, la società acquedottistica teramana, pubblica una nota nella quale fa sapere che la Asl ha dichiarato non potabile l'acqua che esce dai rubinetti delle case dei teramani. La disposizione proviene dal Sian, il Servizio igiene degli alimenti e della nutrizione della azienda sanitaria e si basa su un'analisi visiva, olfattiva e di gusto che fa presupporre una contaminazione da toluene, un solvente. Il 9 maggio il provvedimento mette in ginocchio 32 comuni del Teramano, che rischiano di rimanere a secco a tempo indeterminato, e scatena il panico tra la popolazione. L'assalto ai supermercati per accaparrarsi bottiglie di acqua minerale è immediato e inarrestabile. In pochi minuti gli scaffali vengono letteralmente svuotati e la psicosi spinge i cittadini ad arrampicarsi fino alle mensole più in alto, quasi calpestandosi, pur di non restare a mani vuote. In prefettura si riunisce l'unità di crisi con le massime autorità locali in attesa di riscontri più precisi sulla potabilità dell'acqua. E' una lunga nottata, al termine della quale, arrivano le prime indicazioni rassicuranti. Dalle analisi affidate all'Arta non risultano livelli di contaminazione tali da comportare rischi per la salute: l'acqua si può bere. Rassicurazioni arrivano dal sindaco Maurizio Brucchi e dallo stesso presidente di Ruzzo Reti Antonio Forlini. Ma la gente non si fida. Divampa la polemica, alimentata dalle associazioni di tutela dell'acqua pubblica, e parte la caccia al colpevole. Sul banco degli imputati finiscono i laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare la società di gestione del traforo del Gran Sasso che sono a stretto contatto con la falda nelle viscere della montagna da cui proviene l'acqua per quasi un milione di cittadini delle province di Teramo, l'Aquila e Pescara.
Il 12 maggio i controlli confermano che non ci sono livelli di contaminazione pericolosi. La psicosi lentamente scema, ma sull'acqua e sul sistema di sicurezza del Gran Sasso resta aperta l'inchiesta della procura di Teramo. (g.d.m.)