CORONAVIRUS / I COMUNI ABRUZZESI

Il grido d’allarme dei sindaci «Casse vuote, Conte ci aiuti» 

Lo sfogo (giusto) di 12 primi cittadini: D’Alberto e Di Primio (Anci) guidano la protesta

PESCARA. È allarme nei Comuni. Seconde le stime dell’Istituto per la finanza e l’economia locale, quest’anno nelle casse comunali ci saranno perdite complessive calcolate in 8,3 miliardi rispetto alle entrate dello scorso anno, che comprendono tasse e risorse extra tributarie per 7,4 miliardi più circa un miliardo di altre voci. È una crisi senza precedenti quella paventata dai sindaci che denunciano di non sapere come chiudere i bilanci a luglio e rischiano di trovarsi costretti a tagliare alcuni servizi essenziali. La perdita di entrate, dovute alla sospensione del pagamento delle tasse per venire incontro a famiglie e imprese nell’emergenza Covid, è ben più pesante dei 3 miliardi di euro previsti dal governo nel Decreto Rilancio. Per molti Comuni c’è il rischio dissesto, alcuni sull’orlo del precipizio. Il loro futuro è fortemente a rischio. I sindaci aspettano i soldi del governo per continuare a garantire quei servizi essenziali per i cittadini che, altrimenti, rischiano di essere tagliati.

ll dissesto. Non possiamo essere lasciati soli. Il governo deve riconoscere ai Comuni tutte le somme non incassate che serviranno per garantire i servizi ai cittadini. A settembre riaprono le scuole: se non abbiamo i soldi, come facciamo a garantire il servizio mensa e lo scuolabus?». È il grido d’allarme lanciato da dodici sindaci abruzzesi, in difficoltà per la mancata riscossione di tasse, come quella sui rifiuti e quella per l’occupazione di suolo pubblico, che il governo ha tagliato a famiglie e imprese in difficoltà per l’emergenza Covid.

CHIETI: UMBERTO DI PRIMIO. «Avevamo chiesto al governo un contributo di 7 miliardi di euro», dice il sindaco di Chieti, che è anche vicepresidente nazionale Anci. «Finora ha riconosciuto solo 3 miliardi che verranno ripartiti per gli 8 mila comuni italiani. Non avere i contributi significa mandare i Comuni in difficoltà e taluni anche in dissesto. La Tari da noi vale 11 milioni e 200 mila euro. Noi non stiamo incassando questi soldi, ma stiamo garantendo comunque il servizio. Abbiamo la copertura della Tari al 100%, ma non abbiamo incassato un euro per pagare le fatture. Stiamo lavorando con una grandissima incertezza e con un governo che si vanta di provvedimenti le cui spese, però, sono a carico degli enti locali. I problemi di cassa portano all’eliminazione di servizi. A settembre dobbiamo ripartire con le scuole che devono essere adeguate alle norme Covid: come si fa senza soldi? Il governo si spogli di un atteggiamento clientelare nell’elargizione dei contributi e si concentri a darli laddove siano motivo per garantire servizi essenziali per le persone o per garantire la sussistenza delle attività che sono state colpite».

TERAMO: GIANGUIDO D’ALBERTO. «Al governo chiediamo tempestività e rispetto dei tempi previsti per l’elargizione dei contributi promessi, chiarezza sui bilanci che devono essere approvati entro il 31 luglio, ulteriori fondi perché 3 miliardi e mezzo non bastano e risorse specifiche per la Tari», spiega il sindaco di Teramo, che è anche presidente regionale Anci. «Il contributo dev’essere effettivo sulla perdita della capacità fiscale e dev’essere libero, cioè devono essere i Comuni a decidere come usarlo. Gli enti locali sono in grossa difficoltà perché non sono messi nelle condizioni di conoscere la situazione delle entrate da mettere a bilancio e di prevedere misure a sostegno dell’economia. La coperta era già corta prima e adesso potrebbe portare a sacrificare altri servizi. Questo non lo possiamo permettere».

PESCARA: CARLO MASCI. «È assurdo che si debba fare una battaglia per un diritto sacrosanto. Tutti sanno che, senza entrate fiscali, il Comune non riesce a erogare servizi alla comunità. Oggi c’è questa situazione perché tutti i Comuni non hanno incassato nulla e, molto probabilmente, incasseranno molto meno delle previsioni che c’erano in bilancio. Se queste previsioni non vengono coperte da interventi statali, rischiamo di azzerare i servizi o di dichiarare il dissesto. Qualsiasi governo dovrebbe rendersi conto che l’anello debole della catena sono i comuni che si sono sobbarcati un peso enorme durante l’emergenza. Oggi bisogna pensare a far ripartire l’economia anche dandoci sostegno per l’erogazione dei servizi».

L’AQUILA: PIERLUIGI BIONDI. «Per far fronte alla crisi Covid abbiamo dato vita a una serie di iniziative per sostenere famiglie e imprese: ai fondi messi a disposizione dall’ordinanza della Protezione civile per i buoni spesa, abbiamo aggiunto ulteriori 100mila euro. Per andare incontro alle esigenze e alle richieste di commercianti e imprese, abbiamo previsto la riduzione e rateizzazione della Tari, esenzione Cosap fino al 31 ottobre 2020, raddoppio delle superfici occupabili con tavoli e arredi all’aperto che incidono sulle casse comunali per 648 mila euro. Stiamo sostenendo un grande sforzo per fronteggiare le problematiche generate dal Covid-19 e garantire servizi efficienti e puntuali alla comunità». «Ma abbiamo ribadito al governo la necessità di immaginare un abbattimento della tassazione, con coperture a carico dello Stato perché l’emergenza non può gravare solo sugli enti locali. Il semplice rinvio delle scadenze, infatti, non fa altro che posticipare nel tempo gli obblighi contributivi dei cittadini e delle imprese».

MONTESILVANO: OTTAVIO DE MARTINIS. «Tra un mese dobbiamo approvare il bilancio e la situazione non è facile. Il governo deve coprire le mancate entrate nelle casse comunali. Ora si pone il problema delle scuole. Senza soldi, come faremo a garantire il servizio degli scuolabus, considerando che dovremo raddoppiare le corse per garantire le distanze? Finora non abbiamo visto un euro. E come sempre le responsabilità vengono scaricate sui sindaci».

ROSETO: SABATINO DI GIROLAMO. «Abbiamo già denunciato l’insufficienza di fondi. Non possiamo essere abbandonati, soprattutto sul fronte Tari dove non abbiamo ricevuto segnali concreti dal governo». «La stessa Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) ha chiesto al governo di stanziare almeno 400 milioni per consentire ai Comuni di far fronte alle minori entrate e per sgravare i cittadini. Abbiamo spostato tutte le scadenze ad autunno per lasciare liquidità in mano alle imprese, ma non è detto che le imprese recupereranno la liquidità per pagare le imposte, come ad esempio la Tari che è molto onerosa. Senza soldi, andremo in grosso affanno. Vedremo le nostre città invase da rifiuti se non riusciamo a far fronte al pagamento dei nostri appaltatori. Ci sarebbero tagli ai servizi sociali, alle mense e allo scuolabus. È un rischio che va scongiurato».

VASTO: FRANCESCO MENNA. «La nostra è una gestione oculata e proiettata agli equilibri di bilancio, ma tanti Comuni vivono una grande sofferenza economica. Il governo e la Regione devono darci una mano, allentando i vincoli di finanza pubblica e consentendo maggiori spazi economici per fare investimenti. Vedo bene la norma che consente di chiedere liquidità allo Stato per spalmare i debiti in 30 anni a interesse zero».

ATESSA: GIULIO BORRELLI. «Il problema è la tempestività dell’elargizione dei contributi. Abbiamo sospeso il pagamento della Tari, ma continuiamo a pagare il servizio. Abbiamo sospeso la Tosap e dato più spazi di occupazione di suolo pubblico gratis, abbiamo rinviato l’Imu in autunno. Siamo, quindi, privi di entrate. A settembre riprenderà la scuola e stiamo riorganizzando il trasporto scolastico e le mense: dovremo ripagare questi servizi a domanda individuale che sono sostenute per il 60% dal Comune. Senza soldi, diventa tutto più difficile. Sono molto preoccupato per l’autunno perché lì si vedranno i veri effetti della crisi. Avremo persone senza lavoro, attività economiche che non riprenderanno. Serve più celerità nelle misure previste, altrimenti ci ritroviamo aziende chiuse e gente senza lavoro che verrà a chiedere aiuti ai Comuni che, però, non hanno risorse».

SPOLTORE: LUCIANO DI LORITO. «I Comuni hanno l’esigenza di coprire la quota di gettito che è venuta a mancare dalle aziende che si sono fermate per l’emergenza coronavirus, e per le quali ovviamente sono state previste agevolazioni e rinvii. C’è poi il tema delle aziende che si sono trovate in difficoltà al momento di ripartire. Il governo e anche la Regione devono fare la loro parte in questo».

GUARDIAGRELE: SIMONE DAL POZZO. «Le mancate entrate vanno compensate. Se dobbiamo mantenere il livello dei servizi, i Comuni non possono sopperire da soli a quello che manca se si azzera la fiscalità locale. Servono fondi, snellendo la burocrazia. Dove prendiamo le risorse per il trasporto scolastico e per i rifiuti? Senza contare che aumenteranno le domande per i servizi di assistenza».

ORTONA: LEO CASTIGLIONE. «Abbiamo già fatto una variazione di bilancio per andare incontro ai commercianti e a chi ha risentito di più degli effetti della pandemia. Tutti gli enti locali hanno problemi di liquidità. Dal governo finora sono arrivati solo proclami. Ci servono aiuti, altrimenti saremo costretti ad andare avanti con le nostre forze. Siamo stati lasciati soli anche sulla gestione delle spiagge libere».

SAN GIOVANNI TEATINO: LUCIANO MARINUCCI. «I Comuni vivono con i soldi dei cittadini. Se il governo non contribuisce, e i cittadini non hanno soldi per pagare le tasse, come garantisco i servizi? Al governo chiedo di riconsegnare le entrate che i Comuni riscuotono sul territorio, come l’Imu dei capannoni industriali che fruttava un milione di euro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA