Il pm: i soldi di Cantagallo nascosti in Irlanda

L'accusa passa al setaccio movimenti bancari e spese: l'auto di lusso pagata in contanti

MONTESILVANO. Trecentottantamila euro versati su un conto corrente irlandese, altri 34 mila messi in mano al titolare di una concessionaria auto per la Mercedes Clk, più 10 mila per un pianoforte e altri 4.700 per i vestiti. Sotto esame, al processo Ciclone, le spese in contanti di Cantagallo.

Ieri, dopo una pausa di tre mesi, è ricominciato il processo Ciclone sulle presunte tangenti a Montesilvano: 32 gli imputati, a cominciare dall'ex sindaco Enzo Cantagallo, e sette società coinvolte. Il pm Gennaro Varone ha detto che «Cantagallo aveva troppa disponibilità contanti» e i soldi erano il frutto delle tangenti pagate dagli imprenditori Bruno Chiulli, Duilio Ferretti e Luca Bitondo. E per dimostrarlo, Varone ha chiamato a testimoniare Giancarlo Pavone, sostituto commissario della squadra mobile che ha ripercorso le tappe dell'indagine che, dal 15 novembre 2006 con l'arresto di Cantagallo, ha decapitato l'amministrazione di centrosinistra: «In casa di Ugo Crisi, componente dello staff di Cantagallo», ha rivelato Pavone, «abbiamo trovato una lista scritta a mano con le spese dell'ex sindaco, dal pianoforte ai vestiti. In casa di Cantagallo, durante una perquisizione, abbiamo trovato anche due Rolex». «Spese di lusso», ha detto Varone, «ingiustificate con le entrate di Cantagallo».

Ma l'inchiesta, ha riferito Pavone, è stata tutta in salita: «Già dal primo giorno di attivazione delle intercettazioni telefoniche, l'8 maggio 2006», ha riferito Pavone, «gli indagati avevano sentore di essere ascoltati. C'è stata una fuga di notizie immediata». Pavone ha raccontato che Cantagallo si è rivolto subito a un ispettore di polizia, Salvatore Colangelo (imputato), per sapere «se era vero che veniva intercettato». Stessa domanda, ha detto Pavone, Cantagallo l'ha fatta ad Antonella Marsiglia, comandante dei vigili urbani di Montesilvano e moglie di Nicola Zupo, ex capo della squadra mobile che ha guidato le indagini: in una telefonata, fatta di mattina, Cantagallo ha chiesto a Marsiglia di andare nel suo ufficio. Nel pomeriggio, l'ex sindaco, discutendo con il suo capo di gabinetto Lamberto Di Pentima (imputato), ha riferito di aver parlato «con una terza persona» che, però, gli ha detto di non sapere niente dell'inchiesta. Pavone ha citato un passo della telefonata tra Cantagallo e Di Pentima riferito a Marsiglia: «Cantagallo dice: "Gli ho detto se mi fai le corna, divento cattivo"». Sull'interpretazione di questa frase, si è acceso lo scontro tra accusa e difesa: secondo il pm Varone, «c'era solo un rapporto di fiducia tra Cantagallo e la moglie di Zupo perché l'ex sindaco voleva sapere delle indagini»; per la difesa, che attribuisce peso alla parola «corna», non è così.

L'udienza ha passato al setaccio il rapporto tra Cantagallo e gli imprenditori Duilio e Gianni Ferretti, accusati di aver pagato tangenti per assicurarsi appalti: «Nell'ufficio di Ferretti, abbiamo trovato quattro schede», ha rivelato Pavone, «con le lettere "C" e "P" e accanto i riferimenti di pagamenti. Per noi, "C" sta per Cantagallo e "P" per l'ex assessore Paolo Di Blasio: nel 2005 hanno percepito in tutto 50 mila euro». L'accusa ritiene decisive due intercettazioni: «In una conversazione», ha detto Pavone, «i Ferretti commentano il ritrovamento delle schede e dicono: "Maledizione se non trovavano le schede era tutto smontabile"». Prossima udienza il 12 ottobre: a parlare sarà ancora Pavone.

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