PESCARA

Il prete ricattato: «Mi infatuai di quella donna, poi la trappola»

Don Camillo rivela in tribunale: «Lei mi diede un appuntamento, iniziò a spogliarsi ed entrò il marito»

PESCARA «Per me è stato molto doloroso fare la denuncia, sia per quello che sono, sia perché non avrei mai pensato di vivere una cosa del genere». Inizia così, davanti ai giudici del collegio e alle telecamere della trasmissione di Rai3, “Un giorno in pretura”, la deposizione di don Camillo Lancia, 74 anni, parte offesa e vittima dei ricatti a luci rosse.

All’epoca dei fatti di questo processo, era parroco a Città Sant’Angelo mentre oggi, dopo lo scandalo, è aiuto parroco in una chiesa di Pescara. Sul banco degli imputati – ieri tutti presenti e difesi dalle avvocatesse Melania Navelli e Rossella Terra – una intera famiglia di Montesilvano: Eraldo Scurti, 55 anni di Pescara, e la moglie Claudia Palma D’Andrea, 50 anni nata in Svizzera, accusati di estorsione nei confronti del parroco, e Alessio Scurti, il figlio, 35 anni, accusato soltanto di riciclaggio per aver fatto transitare sul suo conto una serie di assegni del prete. Il primo incontro con la donna avviene nel 2014 quando l’imputata chiede un aiuto economico al parroco per superare un momenti di grave crisi: aveva, a suo dire, 450mila euro di debiti e temeva di perdere la casa.

La vittima ben presto si convince della buona fede della donna e inizia a versare piccole somme alla coppia. Inizia anche una frequentazione della casa degli imputati.

«Andai spesso a casa loro e nel frattempo», riferisce il prete, «accadde un fatto, e non mi vergogno a dirlo perché sono un uomo: mi sono infatuato di quella donna e la cosa mi creava qualche disagio, ma anche illusioni perché lei era sempre gentile. In una di quelle occasioni, era febbraio del 2016 ed eravamo soli, le dissi se mi faceva vedere il suo seno. Lei non rispose. Due giorni dopo le rifeci la domanda e sul momento non disse nulla, ma quando stavo per uscire si sollevò la maglietta: non me lo aspettavo. Mi disse che mi avrebbe chiamato e lo fece per darmi un appuntamento: “Mio marito domani è fuori, se vuoi venire?”».

Il parroco, il mattino seguente alle 8, si presenta a casa della donna: «Ero seduto e lei comincia a togliersi una calza e mi dice: “Non ti spogli?”. Si avvicina e mi toglie la giacca e in quel momento entra il marito e non vi dico la scenata. Mi dice: “Io ti ammazzo, te la faccio pagare, ho una pistola”. Adesso non te la squagliare perché io e te ce la vedremo: in quel mobile ho una pistola e servirà per te”. Il pomeriggio», continua don Camillo, assistito dagli avvocati Giovanni e Alfredo Mangia, «mi dà un appuntamento lungo la strada per Città Sant’Angelo e qui succede il peggio. Come salgo sulla sua auto vedo la sagoma di una pistola che aveva in tasca. Mi disse: “Tu adesso comincerai a darmi dei soldi perché ho problemi”, e da lì incominciano i ricatti».

Ricatti andati avanti per anni e che in termini economici sarebbero costati al prete più di 700mila euro. Al pm Fabiana Rapino, che a fatica cerca di fargli dire quantomeno gli argomenti contenuti nella denuncia, il prete spiega anche perché non denunciò subito i fatti: «Ero un sacerdote, ma soprattutto quella doppia violenza, verbale ed espressa, mi aveva fatto maturare il suicidio. Ma siccome ho fede, ho pensato che avrei superato anche quello».

Poi finalmente riferisce anche dei presunti filmati girati dal marito: «Me ne fece vedere uno ma non ricordo nulla, ho rimosso forse per la paura e il terrore di essere stato ripreso». Poi parla dei soldi chiesti in prestito ad amici e parrocchiani, alla banca, della vendita della casa e del terreno, e poi si commuove quando riferisce della perdita della parrocchia decisa dall’arcivescovo che sarà uno dei prossimi testimoni. E nel controesame, nel tentativo di screditare l’attendibilità della parte offesa, la difesa mostra una foto scattata nel 2019 (così sostengono gli avvocati) a casa Scurti che ritrae il parroco che dorme sul divano: l’obiettivo è tentare di dimostrare che andavano d’accordo e non c’era nessun ricatto in atto. Si torna in aula l’11 maggio prossimo.