Il rilancio di Carichieti è affidato a Sora, l’uomo che fa l’autopsia alle banche

Quasi certa l’uscita del direttore Sbrolli: il commissario dovrà ridisegnare l'assetto dell'istituto di credito, per poi trovare un nuovo socio
«Il mio è un lavoro triste, faccio solo autopsie di banche». E’ uomo di poche parole, Riccardo Sora, il ragioniere bergamasco a cui la Banca d’Italia chiede di rimettere in sesto Carichieti, affidandogli i pieni poteri del commissario straordinario dopo avere mandato a casa l’intero consiglio d’amministrazione.
Sora viene da un’altra missione molto complicata: dal 30 aprile 2012 ha gestito l’amministrazione straordinaria del gruppo Tercas-Caripe,un’ex gallina dalle uova d’oro arrivata a perdere qualcosa come 602 milioni di euro. Per la verità il lavoro a Teramo formalmente non è ancora finito: terminerà alla mezzanotte del 30 settembre, quando il ragioniere bergamasco cederà il testimone al nuovo azionista, la Banca Popolare di Bari. Un successo, se si pensa che per lunghi mesi nella comunità finanziaria c’è stato chi dava per certa la liquidazione di un gruppo sovrastato dalle perdite create da una gestione dissennata. «Capisco le difficoltà di azionisti e dipendenti feriti nei valori della fedeltà e dell’appartenenza, ma resterà nella memoria collettiva la sanzione morale di chi ha determinato e permesso che avvenisse tutto questo», ha detto ancora Sora in una delle sue rarissime apparizioni pubbliche.
Ma non è affatto scontato che quel che troverà il commissario straordinario nell’autopsia dell’attivo e del passivo di Carichieti sia destinato a incontrare solamente una sanzione morale: le prime settimane di lavoro saranno dedicate proprio ad aprire ogni cassetto della banca, guidato dal verbale che gli ispettori della Banca d’Italia hanno redatto al termine di una pignola verifica durata molte settimane. Ma contemporaneamente il commissario dovrà operare su un altro fronte delicatissimo: c’è da fronteggiare il rischio di un’emorragia di depositi, creata dal disorientamento di clienti che perdono la fiducia in un istituto colpito da un provvedimento così drastico come lo scioglimento dell’intero consiglio d’amministrazione. Ci sono banche che nei primi tre mesi di commissariamento hanno perso tra il 15 e il 20% della raccolta, entrando nel tunnel di una pericolosa crisi di liquidità. Altre che, per evitare che questo accadesse, hanno accettato di remunerare i depositi con tassi esosi, che ne hanno minato il conto economico. Per non perdere il controllo della situazione, è fondamentale il lavoro dei direttori delle filiali, a stretto contatto con la clientela, e non è un caso se la prima riunione è stata dedicata proprio ai responsabili degli sportelli, con un fermo invito a padroneggiare la situazione stando a stretto contatto con la sede.
C’è poi il problema degli attivi, ovvero dei prestiti alla clientela: anche qui andrà verificata ogni posizione, con la prevedibile chiusura di quelle che non sono assistite da adeguate garanzie. Ma in realtà è tutta la governance e il sistema dei controlli che andrà ricostituita, essendo uno dei motivi all’origine del drastico intervento della Banca d’Italia. Già nell’ispezione di due anni fa vennero rilevate carenze e falle inaccettabili e ora Sora dovrà rivedere tutti i principali processi operativi: Credito, Finanza, Incassi e Pagamenti, Servizi Bancari Tipici e Servizi Bancari Accessori. E’ facile prevedere che l’intervento inizierà dalla direzione generale, con il numero uno operativo Roberto Sbrolli che viene dato in imminente uscita. A Teramo l’intervento del commissario sul vertice è stato energico: lo staff della direzione generale è passato da 96 a 54 unità, con una riduzione delle linee di riporto e uno snellimento della struttura complessiva.
Quanto durerà il commissariamento? Impossibile prevederlo ora. Alla Tercas è durato 29 mesi, ma tutto dipenderà dalla possibilità di trovare un nuovo socio in grado di immettere liquidità in Carichieti e far fronte alle inevitabili perdite che Sora si troverà a evidenziare, essendo i suoi parametri di valutazione molto severi. L’attuale socio di maggioranza, la Fondazione Carichieti, non ha i mezzi per intervenire, dato che è stata la stessa banca a finanziarla per l’acquisto del prestigioso palazzo in cui ha sede, con un’operazione che ha destato non poche perplessità. Difficile anche ipotizzare un interesse da parte del socio di minoranza, il Gruppo Banca Intesa, che si è sempre tenuto alla larga dalla gestione della banca e aveva fatto sapere di volerne definitivamente uscire. Se ne riparlerà nel 2016.